giovedì 11 aprile 2013

Qualche parolina sugli italiani dell'ultima classifica FIMI

Carissimi lettori, diversi anni fa decisi di commentare, secondo me, una classifica FIMI. Siccome mi divertii tanto lo rifaccio, con la più recente. Ovviamente mi occuperò degli italiani, dato che dei miei stranieri, in questo paese dove la scelta musicale nei media ufficiali copre lo 0, qualcosa per cento di ciò che si fa, non ce n'è traccia. Ancora il primo è Marco Mengoni, vincitore di Sanremo. Meritato? Boh... la canzone è bella, sicuramente, ma lui ha una voce che non mi ha mai non solo convinto ma neanche lontanamente attratto. Ok che almeno in questo brano tiene a bada il suo falsetto, che odio, ma resta il fatto che non lo trovo dotato di tutto questo valore. E si continua a cantare in italiano, stavolta arrivando ad un pezzo da novanta della musica nostrana, che da ormai quarant'anni fa compagnia ad un bel po' di gente. Mi riferisco a Renato Zero e al suo "Amo capitolo primo", che è in classifica da ormai quasi un mese, e mantiene un ottimo piazzamento. Secondo me è un disco che va ascoltato, ma oggi qualcuno ha veramente tempo e voglia di ascoltare dischi? A me pare che ormai la musica viene vissuta come qualcosa che deve avvolgere tutto, sottofondo perpetuo. Ecco, questo cd non può essere trattato così (qui se ne è parlato all'uscita). E arriviamo ad un gruppo che, inizialmente, mi aveva attratto, per poi dimostrarmi che compone canzoni uscite da un produttore industriale, a macchinetta, rigorosamente uguali una all'altra. Uno di quei gruppi che compone canzoni in base a ricerche di mercato, come direbbe Fausto Amodei nella sua "Canzoni in scatola" ("Per fortuna c'è il Cavaliere", Nota, 2005). Mi riferisco ai Modà, che tra rock e tango rock hanno ben poca fantasia, soliti strumenti, se non fosse per inserti d'archi e fisarmonica, giusto per dare un po' di colore. L'artista che segue non lo conosco, almeno non sono cosciente di conoscerlo, ma lo vedo nominato spessissimo su Twitter. Odio vedere la musica diventare così: in radio quasi nessuno fa più informazione musicale, gli artisti diventano hashtag e poco altro sui social network. Andando avanti c'è Andrea Bocelli, che quantomeno dà un po' di speranza sulla sopravvivenza di una cosa molto disprezzata dai media (ma amata dalla gente a quanto pare), il "bel canto" all'italiana, o qualcosa che gli si avvicina. Se volete sapere la mia su Bocelli, non mi ha mai finito di convincere, mi piacque solo un album ormai vecchio, quello uscito dopo "Con te partirò" (1995). Sinceramente trovo che la fusione tra pop e lirico ormai porta frutti poco interessanti, perché il pop è diventato qualcosa che si produce in catena di montaggio: quello che si fa in Italia è molto profondamente e sostanzialmente uguale a ciò che si fa in America. Quindi le vocalità si devono addolcire, sinceramente altra storia quando cantavano musica leggera tenori come Pane, Buti, Schipa, ma d'altronde in quegli anni le frontiere tra generi erano da un lato più forti, ma dall'altro paradossalmente più malleabili, e in fondo tutto era unito da un denominatore comune chiamato italianità. E in Toscana si resta, ma andando da qualcuno che non solo non mi convince ma non gode per niente della mia stima. Tipico modaiolo, ossia persona che affronta i generi o si prende le occasioni per moda (sperando ovviamente anche di crearne, non solo di soccombere a quelle già create). Mi riferisco a Lorenzo Jovanotti, che troviamo con la raccolta (uscita in un numero inenarrabile di edizioni) dei suoi maggiori successi più qualche inedito per far deigerire la pillola, "Back up, il best". Io lui non l'ho mai stimato come dicevo prima, mi fa ancora più rabbia adesso, che tenta di cantare cercando questo "compromesso storico" tra elettronica (perché si è stancato dell'acustico dopo aver sfruttato l'etnico) e la melodia italiana alla Modugno (ho fatto un complimentone spropositato). Sinceramente Jovanotti ha una voce da rapper, quello deve fare, non è che se stimi Modugno devi per forza cantare, anzi, stimare un artista può anche significare riconoscere di non poter fare qualcosa (ma l'umiltà in musica è merce rarissima, e non è questione di generi). Mi fa ridere Mauro Durante che racconta della sua esperienza con Jovanotti come di una specie di consacrazione per lui, con un'eccitazione veramente puerile (va bene che è giovane). Per consacrare un gruppo di musica popolare bisognerebbe avere una voglia di conservare tradizioni e di dare loro un futuro, e queste due cose vengono prima di tutto, sia del dominio tecnico degli strumenti, sia dei passaggi da star megalomane e dell'onnipresenza. E i Litfiba? Secondo me si sono rimessi insieme per evitare certe cose che hanno fatto nell'interregno solistico, per dare un po' di coerenza a due carriere, quella del gruppo e quella di Pelù, che avevano preso una bruttissima piega. Non mi pronuncio ma a me pare che abbiano prodotto solo raccolte, non sono sicura ma a pensare male si fa sempre bene (purtroppo). All'undicesimo posto troviamo una raccolta di Franco Califano, perché adesso che è morto la gente forse si è accorta che abbiamo perso un buon interprete e soprattutto, almeno per me, un grande autore di pezzi pieni di poesia (quando troveremo Jannacci?). Torniamo ai partecipanti di Sanremo, andiamo con un artista di formazione jazz, che dopo Cammariere hanno fatto un sacco di gola al pop così stanco della sua povertà. Troviamo infatti l'ultimo cd di Raphael Gualazzi. Io sinceramente trovo che il musicista di Urbino farebbe meglio a fare solo il pianista, anche se magari guadagnerebbe meno. Sì, vocalmente non lo sopporto, musicalmente è un mostro di creatività e bravura tecnica, nonché un pozzo di scienza che si apre ad ogni intervista. Andando avanti troviamo un figlio d'arte, cosa che non ho mai sopportato. Il caso che troviamo adesso forse l'ho sopportato ancora meno, perché per me di De Andrè ce n'è uno e si chiamerà sempre e solo Fabrizio. Cristiano De Andrè è un musicista geniale, ha forse anche una bella voce, ma la usa in maniera povera, questo è almeno ciò che penso io. Poi non mi piace molto il fatto che spesso viva riarrangiando e impoverendo molto il repertorio paterno. Sinceramente se questo fa scoprire Fabrizio posso anche lasciare perdere, ma siccome non ci credo mi arrabbio. Dio! Andando avanti troviamo Eros, il "naso che canta". L'ultimo cd ha qualche bella idea musicale, ma questa voce con il naso che si fa canto non rende per niente piacevole l'ascolto. Andando avanti troviamo il nuovo cd di Marco masini, il cantante "Disperato" come pochi, anche se negli ultimi dieci anni ha tentato di distruggere questa sua immagine (non so con quanti risultati soprattutto presso il suo pubblico). Il cd è sicuramente interessante, se non altro perché incidere in acustico voce e piano è segno di umiltà, di voglia di condividere con la gente le canzoni "spogliate" da tutta la parafernalia musicale data dagli arrangiamenti. E non posso negare al toscano di aver composto qualche pezzo molto bello, da "Frankestein" a "Ci vorrebbe il mare". E torniamo al Festival con Max Gazzè. Va riconosciuto al musicista romano di aver avuto il coraggio di presentare un brano basato su un semplice trio basso, batteria e piano, con cui non si possono nascondere né truccare eventuali défaillances nel canto. Il pezzo sinceramente è un po' etnicheggiante, musicalmente non è nemmeno male come detto sopra, ma non ne posso più dei canti sulla politica "di giornata come mozzarelle" (Baccini scusami!). E andando avanti troviamo quello che secondo alcuni è il più grande cantore (ehm...) dell'Italia attuale. Troviamo Fabri fibra con "Guerra e pace", che a parte il richiamo a Tolstoj è un bel po' di retorica, solo addolcita perché ha capito che si deve far voler bene anche da chi non ne può più di cattiveria rappata o cantata. Andando avanti troviamo la "Sesión cubana" di Zucchero, che, per ritrovarsi è andato a Cuba ed ha inciso un album, qualche cover e qualche inedituccio per far digerire la pillola, con musicisti isolani. Sapete che amo Cuba e la sua musica, leggete l'articolo su Compay Segundo se non ne siete convinti, ma capirete anche che non ne posso più di questi dischi tappabuchi o inutili, che dir si voglia. Lì per lì ammetto che la "Guantanamera" tradotta mi aveva fatto piacere, perché qualcuno che faccia capire che questa canzone famosissima e sfruttatissima ha un bel testo ed un forte significato ci vuole. Poi sinceramente hanno prevalso le osservazioni tecniche: traduzione orribile (in alcuni punti pur di stare nella metrica ha sbagliato) e voce inadatta: Zucchero è tagliato per il blues e per niente altro. Perché non abbiamo vinto sufficientemente bene le elezioni? Secondo me, oltre ad un sacco di ragioni politiche imputabili alla sciagurata stupidità di Bersani, anche per la funerea canzone che il bettolese ha scelto per accompagnare la campagna (sì perché la musica è importante, ragazzi è importante!). Gianna Nannini da "Sei nell'anima" è entrata in un mood funereo, orribile, tragico, sontuoso e solenne ma che non c'entra niente con la sua voce che non ha assolutamente versatilità (lei canta allo stesso modo sia che canti "America", sia che venga a Lecce a fare "Fimmene fimmene"). Quelle che ho sentito di questo ultimo disco sono tutte uguali. Di Mario Biondi bisogna parlarne, anche se canta in inglese. Difatti il magico basso catanese è in grado di cantare meravigliosamente in vari registri. Si ascolti un qualsiasi brano soul, poi si passi ad una bossanova, per poi andare verso un brano in italiano, si scoprirà qualcosa di fantastico. Da una delle più belle voci italiane ad una delle più brutte: anche per Cremonini secondo me vale quanto detto per Gualazzi e De Andrè: fate i musicisti! Cremonini è un ottimo autore, domina l'italiano con perizia rara, si riascolti la bellissima cover di "Le parole fanno male" di Fiorella Mannoia, contenuta in "Ho imparato a sognare". Di questo ultimo cd infatti mi piacciono gli arrangiamenti, molto beatlesiani e retro, ma i brani vocalmente non vanno giù, anche per l'accento troppo marcato: in italiano sarebbe auspicabile un ritorno ad una lingua più o meno standard. (Modugno?). Divagazione: io inserirei nel regolamento di Sanremo una clausola molto rompiscatole, ossia se non si ha un disco da presentare non si va. Insomma proibirei di fare le edizioni speciali per Sanremo. Già so che mi si potrebbe ricordare il fatto che alcuni dischi molto meritori, "Dalla pace del mare lontano" di Cammariere, giusto per dirne uno, furono scoperti così. Io chiederei subito: li hanno scoperti o li hanno comperati perché c'era il brano di Sanremo? Qui comunque troviamo la "Sanremo edition" di "Ricreazione" di Malika Ayane. A me lei non piace, le riconosco molto valore musicale e letterario ma, come sempre, la vocalità, nonostante sia particolare, dato innegabile, non la trovo stimolante. E a me, forse è un problema, se non mi piace la voce di qualcuno, non mi arriverà mai la sua musica. E non se ne può più dell'ultimo cd di Tiziano Ferro! Continua, ormai da settantuno settimane, in classifica. Il musicista di Latina ha una bella vena poetica, ha trovato un suo genere e lo segue, tra l'altro molto compatibile con il proprio timbro, quindi gli si deve riconoscere la coerenza e l'umiltà. Detto ciò mi delude molto dal vivo, quindi non mi piace (il live è un criterio fondamentale con cui giudico gli artisti). E finalmente troviamo un cd che non si può definire musica pop, "Piovani cantabile". Bell'omaggio al grande musicista romano da parte di belle voci italiane. Bisogna dire che i brani sono ben scelti e molti anche ben cantati. Da qualche anno il "Made in Salento" furoreggia anche nel pop (io sono contro: la provenienza salentina viene presentata come una bandiera anche in un genere dove l'origine non connota). La decina dei trenta viene aperta dai Negramaro, gruppo guidato da un salentino dal timbro odioso, ho già detto di non amare il falsetto, quindi giustamente non apprezzo Sangiorgi. I brani della raccolta qui presente bisogna dire che dànno una buona idea del percorso del gruppo, gli inediti sono belli (soprattutto uno di cui non so il titolo). Bellissimo è notare che il ricordo di Lucio Dalla resta scolpito nell'anima di chi ama la musica, questo quadruplone curato da Marco Alemanno è davvero ben fatto è consigliato. Oltre ad essere un'antologia, forse un po' troppo tagliata per i cultori di Dalla e poco per i neofiti ma va bene, porta in sé un bel po' di chicchettucce. Bellissimo sentire il provino di "Cara", m'ha fatto tenerezza riascoltare la versione spagnola di "Attenti al lupo" e potrei anche continuare ma scopritelo voi! Andando avanti si trova la vincitrice di "X factor" 2013, tutta tecnica e poco o niente cuore. Il timbro mi sembra abbastanza banale, è la tecnica, che oggi piace tanto e sembra essere la caratteristica imprescindibile di un artista, che la rende così speciale. Molto bella, non posso negarlo, è la canzone con Fiorella Mannoia che ultimamente si sente per radio. Anche qui bisogna dire un grazie a chi l'ha arrangiata, perché ha fatto risaltare due voci comunque belle (la Mannoia più di quella di Chiara), denudando la musica della macchina moderna e dandole quella semplicità che riesce a conquistarmi sempre. La prossima italiana è una cantante scoperta e lanciata da Tiziano Ferro, che per l'occasione ha lasciato le sue melodie per ridarsi a quell'insopportabile stile dei suoi inizi. Avete sentito "Killer". Mamma mia, basta con questo rap, che tra l'altro, essendo acronimo di American rythmic poetry ha senso solo in inglese! E finalmente si parla di qualcosa che non è musica leggera, il nuovo cd di Ludovico Einaudi. Mi è capitato di ascoltarlo e devo dire che è bello, insomma basta che il musicista torinese non tocchi le pizziche, poi andiamo bene. Nel 1943 il 4 marzo nasceva Dalla, il 5 marzo nasceva Battisti (entrambi furono fra l'altro battezzati con il nome di Lucio). La casa discografica, sapendo che il musicista laziale (di Poggiobustone) è una gallina dalle uova d'oro, si è messa a festeggiare i suoi settant'anni con un'ennesima antologia (non se ne può più). Va anche detto che io Battisti non l'ho mai sopportato, non so se l'ho già detto. Ci sono cresciuta ma niente da fare, non mi piace né la musica, né tantomeno mi piacciono i testi di Mogol, amo pochissime canzoni, tutte del primissimo periodo e sconosciute ai più. Ritroviamo Andrea Bocelli con un concerto a New York, d'altronde il musicista sta festeggiando vent'anni di carriera, bel traguardo comunque e questo mi sembra un buon modo per festeggiare. Mi fa piacere, molto piacere, sapere che a distanza di quattro mesi dall'uscita, "L'ultima thule" di Francesco Guccini campeggia ancora nella prima metà della classifica, giusto per dimostrare a chi non ci crede che la gente la cultura la vuole (e questa è cultura, il cd è infarcito di riferimenti letterari e popolari, al solito con Guccini si va in questa direzione) Beh... torniamo al pop con Annalisa, un'artista giovane che secondo me non ha un gran valore, ma invece è ben pubblicizzata da più d'uno. La sua vocalità a me sembra abbastanza banale, flautata come va ora, niente di che. E nella prima cinquantina troviamo anche Jannacci, ma guardate che differenza con Califano che sostava nella prima decina, il romano ed il milanese sono divisi da una trentina di posizioni. Va detto che il milanese era meno facile, anche a me risulta stancante dopo un po', nonostante che ci sia cresciuta grazie alla passione che alcuni miei familiari nutrono per lui. Io consiglierei l'ascolto di un disco, racolta, dal titolo "Così ride Enzo Jannacci", che contiene undici tra i migliori brani del cantautore. Riascoltate bene "La ballata del pitur", stupenda canzone in dialetto milanese che mi ha sempre fatto piangere. Un'altra raccolta di Jannacci fa un notevole balzo, il live "Senza andare fuori tempo", figlio della tentazione Jannaccesca di riarrangiare in maniera radicale i propri brani, cosa che il cantautore ha fatto anche troppo. Comunque è bello, soprattutto per l'uso dei fiati. Emozionante il duetto con Gaber in "Una fetta di limone", brano che i due avevano inciso, come I due corsari, negli anni Sessanta. E stavolta Califano è unito a Jannacci, un'altra raccolta del cantautore romano si trova alla posizione immediatamente successiva, bisogna dire che i discografici non aspettano molto tempo prima di risfornare antologie degli artisti una volta morti. La seconda metà ci fa ritrovare Vasco Rossi, con il live dei concerti 2011, giusto per dimostrare che le sue "dimissioni da rock star" sono state solo un gesto plateale per restare sotto i riflettori, se avesse voluto le avrebbe caparbiamente perseguite, altro che paragonarsi con il Papa e dire che quelle di Ratzinger da pontefice sono state accettate, mentre le sue no (lui non le voleva, non scherziamo!). Il cantautore di Zocca ormai non ha voce, è il pubblico che fa il concerto, lui assiste. Ci sono gli antidepressivi? Sì, ma c'è anche la musica che te la fa venire la depressione, i Baustelle fanno parte di questa categoria (qualcuno ci metterebbe anche Lolli, io smentisco!). L'ultimo cd è sempre infarcito di piacevoli sonorità bacarackiane, ma il problema anche qui è la voce di Bianconi, che mi piace solo come autore. Il prossimo artista non so chi sia, si chiama Vacca... Ringraziando Dio è finita la maledizione della "pizzica" tradotta in pop e rumba flamenca, ma non è finita la permanenza di "Sapessi dire no" di Biagio Antonacci in classifica. A me lui non è mai piaciuto, se togliamo "Danza sul mio petto", "Fiore" e "Al festival di Gabicce mare" (geniale canzone dove lui imita, Concato, Fortis e Carboni, ovviamente ignorata dai media) ancora mi stupivo di non trovare Emma, cantante salentina che lo deve dimostrare anche se non fa folklore (riguardare la divagazione sui Negramaro). Lei a me non piace, la stimo più di Alessandra Amoroso ma non è il mio tipo, troppo romantica e sdolcinata. E tornano i Modà, perché i discofili amano riscoprire i dischi vecchi di qualcuno quando ne fa qualcuno nuovo, oppure non si decidono e continuano ad acquistare anche il precedente, ancora "Viva i romantici" si vendeva l'anno scorso, mentre "Quello che non ti ho detto" era già uscito e non vendeva, ora si sta vendicando. Di loro non parlo, rileggere sopra. Gruppo underground dedito allo Ska, genere che in Italia ha anche troppi interpreti, secondo me di melodia nulla (meglio una tarantella a sola zampogna, genere che non mi fa impazzire) Laura Pausini? Come la Nannini ci informa tramite canzoni delle condizioni del proprio status, già sapeva di aspettare una figlia o lo desiderava, quindi le ha dedicato un cd preventivamente, cantando anche la propria felicità per la relazione conquistata con il proprio tastierista. Ma vogliamo lasciare perdere il privato? Lei urla ormai da anni, non si può sentire più. Almeno prima era solo sdolcinata ma era piacevole da sentire. quanto vi sfogate con Califano? Qui troviamo "Un'ora con...". Sono anni che il cofanetto di De Andrè "In direzione ostinata e contraria" entra ed esce dalla classifica, bellissima antologia, in edizione completa sono sei cd, praticamente opera omnia del cantautore, perfetto e consigliatissimo! dal Paradiso all'Inferno ("ma questo no, non è l'inferno") con i Modà, ancora e sempre i Modà. Non se ne può più! Il "Celengrillino" lo troviamo con il suo live, registrato all'Arena di Verona l'anno scorso. Veramente triste, uno che a settantacinque anni fa l'evergreen è da vergogna! Bella questa antologia tripla di Venditti, "Tuttovenditti", che completa ed integra (sostituisce praticamente) "Diamanti". Consigliato per continuare a festeggiare i quarant'anni di carriera del cantautore e i quarant'anni (che ricorrono quest'anno) dal suo primo lp solista. Califano torna con le più belle canzoni, buona scoperta o riscoperta di questo cantautore che ha forse giocato troppo con il suo essere maledetto. Di Max Gazzè è uscita una platinum, cantautore da scoprire anche se spesso vittima della sua stessa originalità. Mi fa tenerezza "Cara Valentina". In classifica tornano anche dischi usciti diversi anni fa, questo è il caso di "Vivere", raccolta di Andrea Bocelli che conteneva una versione in inglese, cantata con Laura Pausini, della title track. Sinceramente meglio la vocalità ruvida di Gerardina Trovato che faceva molto più contrasto con quella del toscano. che ne dite dei Club Dogo? La mia è che sono i tipici reppettari del cavolo, che fingono un disagio. Basta! Ritroviamo un artista di Sanremo ben lontano dalla vetta, il vincitore dei giovani Antonio Maggio. Forse musicalmente ci troviamo davanti ad un progetto interessante, ma vocalmente non si ha nessuna sensazione. Banale! Davanti a De Gregori ci si inginocchia, anche se ormai sembra una brutta bruttissima copia di Dylan. Basta sentire alcune tracce dell'ultimo, anche se in qualche caso si torna alla gradevolezza della melodicità italiana, che però il cantautore romano sente probabilmente come ambiente non suo. I testi sono sempre criptici. Andando avanti troviamo il francescano Alessandro Brustenghi, tenore di belle speranze, di quella musica classica digeribile dal sistema (un po' dispiace, ma se questo serve a scoprirla può anche andare). Sicuramente è di formazione più rigorosa di Bocelli. E quando si torna a cantare in italiano (ehm...) si reppa con Emi Skilla. Questi qua credono di fare i rivoluzionari solo perché si ispirano a Che Guevara e compagni, beati loro! Torniamo ai Litfiba, con un cd dal titolo assolutamente simile a quello che c'era in precedenza. Boh... Al terzultimo posto troviamo Simona Molinari (ma vergognatevi!), forse l'unica grande cantante di jazz italiano attuale, la migliore dopo Jula de Palma, comunque secondo me insuperabile. Peccato solo che si è fatta tentare da questo elettro jazz che sa anche troppo di déjà vu, meglio la freschezza dello swing che non passa mai di moda! E al penultimo posto (vergognatevi, ma siete perdonati perché è appena arrivato) c'è Paolo Fresu, grande tromba del jazz italiano, insieme a Bosso e Rava. Forse Fresu è più elitario, ma è un virtuoso. Volevate un po' di "Mazzate pesanti cu lli soni e cu lli canti"? V'ho accontentato direi!

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