mercoledì 25 luglio 2012

Briganti di Terra d'Otranto: "Focu de paja"

Carissimi lettori, oggi sono particolarmente felice di aggiornare questo blog, per una recensione inaspettata, quella del cd "Focu de paja" dei Briganti di Terra d'Otranto. Il cd comincia con un brano che io personalmente non ho mai amato, in questo annetto di conoscienza dei Briganti, da me scoperti tramite Youtube (vi ricordo il loro canale www.youtube.com/brigantichannel). Il brano si chiama "Zumpa", è una tarantella con interessanti venature irlandesi, sottolineate dal violino che in questo cd ha una parte predominante, mentre dal vivo è sfidato da vicino dai flauti di Stefano Blanco. Quello che non mi convince è il testo, lo trovo abbastanza banale e anche un po' qualunquista, con quella filosofia che la pizzica redime da tutto e quindi stiamo bene. Fortunatamente il cd si riprende ed arriva forse subito alla sua vetta, con una pizzica dal titolo "Core schiattusu". Musicalmente è iniziata dal basso elettrico di Tonino Friolo (quando lo sostituiranno con un basso acustico o dei mantici brinderò all'evento!). Comunque va riconosciuto al musicista leccese che ha trovato uno stile bassistico fortemente compatibile con la pizzica. Il testo del brano è un dialogo tra un uomo e una donna (Giovanni Esperti ed Antonella Esposito, rispettivamente chitarrista e voce femminile del gruppo). Forse la voce della cantante non ha la perfezione né la personalità di voci più note come possono essere Anna Cinzia Villani, Cinzia Marzo o Maria Mazzotta, ma è interessante e in fondo autentica. Quello che è curioso del brano è che è la donna a respingere le avance, romantiche e mai esagerate, dell'uomo. Da sentire, anche per la ricchezza sottesa al bel giro di tonica, dominante, sottotonica e quarta che accompagna il brano (purissimo, grazie a Dio!). Andando avanti si trova "Essiti cacciatori de sti sciardini", bella resa della pizzica sullo stile di Cosimino Surdo. Si potrebbe dire che si sarebbe potuto fare di più soprattutto a livello di strofe. Difatti i Briganti decidono di non interpretare la parte in grico, ma si limitano a fare la piccolissima parte in salentino che eseguiva lo stesso Cosimino. Bella ma forse risulta un po' ripetitiva a chi non sia stato folgorato dalla versione live attuale del gruppo. Andando avanti il cd tocca un'altra delle sue vette (e ce ne sono ancora altre due, una particolarmente alta!). Il brano che segue si intitola "Serenata alla mia bella". Su un ritmo di tammurriata, scandito per i bassi dal tom di Friolo e per la parte alta dai tamburelli, si fa una serenata ad una donna di rara poesia. I Briganti, particolarmente abili nel mettersi nei panni e nello stile dei veri cantori di tradizione pur innovando profondamente e dolcemente la stessa, si immaginano che il protagonista, un contadino, ripeto, faccia questa serenata, veramente poetica e piena di notevoli metafore semplici (imparate gruppi secondo cui solo il cantare politico innova la tradizione!). Tornando alla tradizione piena si ascolta una versione in minore, particolarmente gradevole, de "Lu sule calau calau", fatta a tarantella, ma con un giro che ricorda più una tarantella di tipo garganico piuttosto che una salentina. Bello il canto di Antonella Esposito, al contempo sofferto e festoso (anche qui, imparate!). Andando avanti troviamo una pizzica di Aradeo, bella ma forse un minimo impoverita. Il passaggio in minore non è appannaggio del canto (e chi mi conosce sa bene come la penso...), ogni due giri strumentali questo torna, alternandosi con un passaggio in maggiore. La curiosità è che spesso, non sempre, il basso di Friolo suona in maggiore mentre gli altri strumenti sono in minore (leggermente disarmonico ma non sgradevole). Le strofe di questa "E balla beddha mia" sono tutte tradizionali (una in verità è ripresa dalla "Fermate" degli Aramirè, che in "Mazzate pesanti" è accreditata solo a Raheli). Comunque è bella, forse un po' di forza in più non le avrebbe fatto male, ma sono particolari. Ed ecco la vetta "particolarmente alta" di cui accennavo, la bellissima versione di "Aremu rindineddha" cantata da Antonella Esposito. La particolarità della melodia è che è sviluppata ogni due strofe (ragiono con la convenzione di tutte le altre versioni che conosco, non con lo schema metrico dello scritto che non ricordo). Di queste due strofe una è cantata in maniera tradizionale, mentre una parte della seconda è salita di una terza. Il canto dell'Esposito, che come ho accennato è leggermente sporco, riesce comunque ad avere una dolcezza magica e semplice. CDiò che però secondo me rende magico questo brano è il giro strumentale che separa le strofe, nonché l'arpeggio della chitarra di Esperti. E quando si torna alla pizzica, perché eccoci, cantiamo un brano piccante (ho usato il verbo cantare perché con i Briganti i brani si canticchiano anche se non si sanno, anche qui agli altri dico: imparate!). Dal ribadire il doppio senso della parola chitarra, usata qui ad intermittenza sia come strumento che come simbolo fallico (con il pudore dei contadini, ho detto che i Briganti sembrano quelli che più d'ogni altro hanno imparato a scrivere e pensare in maniera tradizionale o quasi), arriviamo ad un innamorato che ci racconta dei suoi grandi patimenti per un amore non corrisposto, sempre consolati da questa chitarra (come atmosfera potrebbe anche ricordare "Chitarra vagabonda", uno degli ultimi grandi brani del liscio italiano). In studio questo brano, dal titolo "'Na sturiella" (repetita iuvant), perde un pochino, come tutto ciò che riguarda i Briganti, ma da sempre gusto. Il terzultimo brano è "Pensieri de nu brigante", dove il gruppo si immagina che un brigante parli della sua attuale situazione, ora che il brigantaggio è finito. Molto bella, perché con leggerezza, come sempre fa il gruppo (e imparate!), ricorda anche le fatiche dei salentini, cosa di cui nemmeno questa musica parla più, se non stravolgendosi e in maniera polemica. Il brano è una ballata, dalle forti tinte celtiche, sostenuta dal tom di Friolo, che mostra un'anima mediterranea che te lo fa apprezzare molto (il giorno che lo sostituiranno con una bella tammorra io non piangerò!). La penultima traccia è una versione, forse anche troppo bandistica, di un brano della tradizione salentina, spesso cantato tra gli altri da Gli Ucci dal titolo "Tuppe tuppe". Sicuramente gradevole, ma siamo lontani dai momenti migliori del cd, poi i fiati di banda fanno un passaggio leggermente disarmonico. L'ultima traccia è un brano strumentale in tonalità mista, maggiore minore, dal ritmo paragonabile ad una beguine, con le solite coloriture celtiche di cui abbiamo ampiamente disquisito, buono ma sicuramente non tra i migliori momenti del disco, che comunque consiglio in maniera calda, dato che, come molto catalogo della Irma records e della sua sottoposta Maffucci music viene distribuito in maniera capillare in tutta Italia dalla Edel. A chi dice che i Briganti dovrebbero essere più coraggiosi nella composizione dico che ormai c'è più coraggio nella semplicità e nel rapporto pacifico con la tradizione piuttosto che nella sperimentazione ardita.

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