sabato 12 marzo 2011

Dedicato a Nilla

Carissimi lettori, oggi devo aggiornare il mio blog per un motivo inaspettato, per commentare una notizia triste. Oggi ci ha lasciato Nilla Pizzi, la prima grande regina della canzone melodica all'italiana, quella che rappresenta, anche se noi lo neghiamo, il nostro più inconfondibile modo di cantare e sentire la musica.

Io ho scoperto questa cantante di recente, anche se le mie nonne, ovviamente l'hanno sempre profondamente ammirata. Io purtroppo, fino a relativamente poco tempo fa, ero vittima della presunzione stupida ed intellettualistica che mette un muro nei confronti delle canzoni sentimentali e soprattutto nei confronti di certe tecniche canore. Invece mi ritrovo qui a consigliarvi di cuore di scoprire questa cantante dallo spirito indomito e cangiante, che ha portato il meglio dell'italianità nel mondo. Pensandoci bene, forse, noi italiani siamo l'unico paese a non avere orgoglio del proprio modo di cantare, che spesso sostituiamo con un becero scimmiottamento delle vocalizzazioni di altre provenienze (soprattutto americane, perché per noi il mondo sono solo gli Stati Uniti!). La voce della Pizzi, impostata e preparata al "bel canto" leggero italiano, è fortunatamente apprezzata da alcuni cultori della musica anni Quaranta e Cinquanta come maxmenox60 (www.youtube.com/maxmenox60), che permettono a chi gira per il web di togliersi dalla testa i suoi infondati pregiudizi.

A favore della Pizzi, oltretutto, c'è il suo essere una cantante veramente "nazionale" ed universale. La cantante bolognese, difatti, ha cantato nei principali dialetti d'Italia (ha vinto il Festival di Napoli del 1952 in coppia con Franco Ricci, quello della canzone siciliana) e si è prodigata anche in alcuni dialetti del nord come il vicentino. In tutti i casi la Pizzi ha dimostrato una bravura grandiosa, si riscopra il brano "Maggio napulitano" da lei inciso nel 1957.

Con lei l'ultima grande voce femminile degli anni Quaranta e Cinquanta, di quella generazione che ha saputo fare il ponte tra swing, melodia italiana e ritmi sudamericani, si spegne lasciando un vuoto incolmabile per chi ancora crede che l'identità musicale italiana ha il diritto-dovere di rivendicare la propria autonomia e le proprie radici, non in senso autarchico ovviamente, ma proprio per poter avere una visibilità mondiale non imposta dai media di massa ma filtrata da un naturale passa-parola tra le genti.

In questo centocinquantenario bisfrattato, l'Italia dovrebbe approfittare di questi esempi di "cantores nacionales" (per dirla alla Argentina), per cimentare un'identità che sia davvero basata su ciò che ci caratterizza davvero e non su ciò che ci impongono di essere o di sentire.

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