sabato 19 febbraio 2011

Renato Zero: "Tutto Zero tour '96

Carissimi lettori, forse riesco a realizzare uno dei sogni della mia vita, realizzare una recensione di quello che è stato il primo concerto di Renato Zero che vidi. Mi riferisco al bellissimo "Tutto Zero tour '96" a cui io assistetti al teatro Turreno di Perugia l'11 aprile 1996.

Il concerto ha una forte teatralità, rappresentata innanzitutto dalla bellissima "Sogni nel buio" che lo apre, ripresa dal primo vinile di Renato Zero, quel "No mamma no!" pubblicato nel 1973. La recitazione qui è molto più fluida, anche grazie alla profondità che in anni ed anni di maturazione istintiva ma inevitabile la voce di Zero ha indubbiamente acquistato.

In questo concerto la voce di Zero non si era ancora appropriata della leggera "sporcizia" che la caratterizza ed arricchisce da una decina d'anni a questa parte (forse anche un pochino meno).

Il secondo brano è stato colpevole della mia zerofollia, che anche se poco sfogata è uno dei sentimenti più caratterizzanti il mio privato. Mi riferisco alla bellissima ballata "Vivo", riscattata dal grande "Zerofobia", album che permise al nostro di avere il successo di massa tanto meritato dopo quattro anni di tentativi (all'epoca sui cantanti ci siinvestiva, non li si fustigava se non ce la facevano subito e non li si illudeva!). Questa versione, rispetto all'unica che io conosco pubblicata in cd live in "Icaro" del 1981 è molto più fedele a quella di Zerofobia. È stupenda.

Dopo "Sogni nel buio", canto antiabortista e "Vivo", la storia di Renato viene rappresentata da "Io uguale io", estratta dal vinile successivo a Zerofobia, quel "Zerolandia, che ha segnato la prima consacrazione di Zero. Qui la voce di Zero si incrina leggermente ma resta sempre forte e convincente. In questa canzone si ribadisce la necessità di ritrarsi e Renato fa un ritratto dell'anima sua , molto sincero ed autentico, come ora sanno farlo solo lui e Don Backy (si pensi ad "Autoritratto" nel già qui recensito "Il mestiere delle canzoni" (Ciliegia bianca, 2010)).

È curioso e perfetto il finale pianistico di Stefano Senesi, pianista dell'epoca di Renato Zero, che aveva una maggiore melodicità rispetto a Mark Harris (attuale pianista), ma forse era più adatto, anche perché è sia pianista che tastierista (cose profondissimamente diverse!).

Andando avanti si riprende un gioiello ripreso dal periodo più difficile della carriera di Renato, quello del declino del successo di massa, avutosi nella prima metà degli anni Ottanta. Il brano è tratto da "Leoni si nasce", disco nato dalla delusione avuta da Renato Zero dopo il sequestro del Teatro tenda "Zerolandia" dove si era tenuto il concerto "Icaro" nel 1981, da cui era a sua volta stata estratta una videocassetta dal titolo "La notte di Icaro".

La prossima canzone è è il primo medley della serata, con "Il caos" da "Trapezio", per continuare con ""Fantasmi" ("Soggetti smarriti, 1986), "Chiedi di più" ("Tregua" 1980) e "Regina" da "Zerofobia" (1977). Bellissimo questo medley, da cultori, va detto, perché non so quanto questi brani siano di dominio di massa. Questo mix, poi, continua con una traccia estratta dal bellissimo (e purtroppo introvabile come tre quarti della discografia di Zero!) "Quando non sei più di nessuno", disco uscito dopo la partecipazione di Zero al Festival di Sanremo 1993 (Che tempi! Quest'anno l'unico che ha fatto una canzone bella è Vecchioni!). Il medley, circolare, finisce come era iniziato, con "Il caos". Se non ricordo male, vado a memoria dopo quasi quindici anni, durante questo medley si vedevano sul palco degli elettrodomestici di pezza.

Dopodiché si arriva ad un dialogo tra un bambino ed un uomo (che non parla), che si svolge con il sottofondo della tenerissima "Metti le ali", che di recente, va detto, è stata ampiamente surclassata da "Dormono tutti" come tenerezza e giocosità.

Si riprende a cantare con "Inventi". L'arrangiamento, forse, non è dei migliori, perché è simile a quello operato per "Prometeo" (reperibile senza problemi in edizione "Tattica"). Comunque questa versione ha i soliti interventi magici e concreti di Stefano Senesi aiutati da un bel finger piking della chitarra. Curioso è anche l'uso di percussioni che rimandano alle spazzole da jazz, che dànno un'indubbia raffinatezza all'insieme. Il canto di Zero è sempre puntellato da controtempi e di "accelerando" interessantissimi. Temevo che il finale di questo pezzo fosse esageratamente rock e purtroppo è così, ma d'altronde se si vuole restare fedeli alla struttura di "Prometeo", come si è stati, non si può che lavorare in questo modo.

I vari modi di dire la parola "amore" hanno introdotto una bellissima versione di "Fortuna", estratta da "Tregua" e reperibile nell'ottimo "Icaro", che tra l'altro contiene una bellissima versione di "Inventi". Comunque nell'insieme, devo dire che me lo ricordavo anche così andando a memoria, questo concerto è molto filologico, anche perché ci sono delle corpose parti di archi credo eseguite in acustico (a Perugia non credo avessimo avuto questo privilegio, comprensibile). Meravigliosa questa teatralità tra il rabbioso ed il sentimentale, riempita qua e là di finali calanti veloci e rari.

È curioso sentire la resa (per la verità non filologica) del pezzo d'archi da parte del sint, ed ancora più curioso è l'abbassamento di ben due ottave della nota con cui termina il canto (inutile se si pensa che il nostro ancora la voce ce l'ha più che integra!).

Andando avanti si riscopre il più grande successo del q disc "Calore" del 1983. Il brano in questione, ovviamente, è "Spiagge", che nel disco era accompagnato anche da "Navigare", "Voglia" e "Fantasia", brani mai finiti su altri dischi analogici, ma copiosamente ristampati in varie raccolte tra cui le irreperibili ma per me fondamentali "Zerofavola" (il volume che contiene "Spiagge", "Navigare" e "Fantasia" è il secondo). La versione cheascoltiamo è molto bella, è come sempre coadiuvata da un pubblico che forse è solo meno rumoroso ma non per questo meno partecipe.

Il concerto, se non sbaglio, era giocato su degli interventi di un Angelo ed un Diavolo che si rimpallavano il destino di Zero. Dopo questo ennesimo intervento di questi personaggi Zero canta "Periferia", brano estratto dal terzo album del terzetto che contiene la parola "Zero" nel titolo ("Zerofobia 1977, "Zerolandia" 1978 e "Erozero" 1979). L'lp è rimasto nella storia per un brano su tutti ossia "Ilcarrozzone", mentre "Periferia" apriva la seconda facciata. L'arrangiamento è segretamente etnico, in anticipo sulle soluzioni che ora imperano nel pop giovane e sul repertorio futuro dello stesso Renato, che userà soluzioni etniche in brani come "Dimmi chi dorme accanto a me" ("Amore dopo amore", 1998).

Il brano è molto tragico, se possibile più arrabbiato della sua stessa versione originale, ma non è una rabbia inutile, semmai potenzia il contenuto di denuncia dell'emarginazione delle periferie, problema che è tutt'ora sentito da chi ci vive seppure chi di dovere tende a dimenticarlo.

Ci si scatena, ma si continua a riflettere, con "Digli no", canzone dedicata alla violenza sulle donne, tema che ora sta all'ordine del giorno per i mumerosi fatti vergognosi che riempiono la troppo popolata cronaca nera dei nostri telegiornali. La canzone risale al 1994, anno in cui non mi pare si desse molta importanza al tema. Giusto per dimostrare che i canti sociali possono anche essere un'arte senza demagogia anzi con poesia al seguito.

Per chi non la conosce posso dire che è un canto rivolto ad una donna violentata, di incitamento alla denuncia di queste atrocità. La versione qui proposta, dopo un inizio molto elettronico, compatibile con la versione da studio de "L'imperfetto", si snoda quasi completamente acustica, quindi è più ricca. Difatti credo, e sarà difficile convincermi del contrario, che gli strumenti acustici dànno inequivocabilmente e invariabilmente maggiore ricchezza timbrica di quasliasi strumento elettronico. Dopo un assolo di pianoforte del solito Senesi il chitarrista (che non so chi è, perdono!) si prodiga in un assolo dalle tinte un po' blues ma sempre melodicamente compatibile con lo stile di Zero.

Un'introduzione circense, si direbbe quasi felliniana, fa entrare nella melodicità della splendida "Manichini", traccia meno conosciuta del già quiricordato "Zerofobia" (1977). Il canto, è strano ma è vero, è più arrabbiato della versione da studio, a cui questa, contrariamente a quella presente all'inizio del secondo disco di "Icaro", è più fedele. Dopo un'appendice, la prima parte del brano si completa con un riferimento alla colonna sonora "Ponte sul fiume Quai". Va detto che questo brano, fra quelli finora ascoltati, è quello che ha sofferto più arricchimenti e modifiche, ancora con un finalino cherimanda a "Viva la rai".

Si continua con un brano che conosco meno, intitolato "Ho dato". È uno dei ritratti sinceri a cui il cantautore romano ci ha da sempre (perché non c'è mai stta incoerenza nel suo percorso, ragazzi!) abituati.

Musicalmente è una bella ballad dal respiro ricco e al contempo italiano. Infatti, per quanto lui ne faccia sfoggio solamente ora in pubblico, a Zero non può essere negata una profonda italianità. Bellissime le urla sulla parola "vita", un modo, spesso incompreso, per ricordarci il valore di questa "piccola cosa che è la vita" (per dirla con "Sogna ragazzo sogna" di Vecchioni).

E si torna a "L'imperfetto" (1994) con "Amando amando", prima traccia che mi fece scoprire questo cd, che io canticchiavo sempre, specialmente "Amando amando ti si spacca il cuore". Bellissima questa versione, non sconvolta ovviamente, ma rispettosamente rivissuta. Il canto, oltreché puntellato da questi "accelerando" e "rallentando" già segnalati in precedenza, è anche estremamente sicuro e si direbbe rilassato e raccolto. Credo, anche per testimonianze dirette di cantanti di vari generi musicali, che ilteatro è un ambiente che sviluppa il raccoglimento, che secondo me è il modo più bello di ascoltare musica.

Ed è partito l'assolo di chitarra, dove un'elettrica si sostituisce alla classica,creando un'altra atmosfera, comunque presto interrotta perché il brano viene concluso da un inusitato passaggio in sibemolle...

Tornando al repertorio storico di Zero si ascolta "Morire qui", tratta dal largamente già saccheggiato "Zerofobia" (1977). La versione è vicina all'originale ma ancheaquella di "Prometeo" (1990), mentre non riprende niente dalla particolarissima versione recitata nel 1981 in "Icaro". La melodicità nascosta in questo brano viene finalmente fuori, tramite degli accorgimenti canori, specialmente delle note inaspettate aggiunte alle frasi e delle sfumature divoce che alternano momenti arrabbiati a momenti cantati normalmente. Alla fine è curioso l'uso del titolo, credo mai fatto da Zero durante la canzone in altre versioni.

C'è un monologo teatrale recitato da una voce femminile bellissima, che alterna momenti di potenza e cattiveria. Il monologo è una riflessione sul privilegio che sia cantare e sul dovere che chicanta ha (o avrebbe) di dare voce a chi non ce l'ha perché è emarginato. Quando Zero torna sul palco interpreta "Marciapiedi", prima traccia di questa scaletta estratta dal suo storico doppio di inediti "Artide e Antartide" (1981), anch'esso di recente ristampato dalla "Tattica" (insieme a "Prometeo", "Tregua" e "Via Tagliamento 1965-1970". la versione è intima ed anche un po' raffinata, ma la raffinatezza non tocca mai l'elitarismo che ha mandato in crisi quelle che potevano essere promettenti carriere canore. Interessante il gorgheggio mediterraneo sulla "a" di "sai", con il quale Zero denota la sua profonda romanità, figlia anche diClaudio Villa. In questo secondo intervento parlato l'espressione "È bello incontrarti ancora qui" da il la ad un'improvvisazione di quelle che caratterizzano l'ultimo Zero, per intenderci molto simile a quella nella versione di "Motel" dello "Zeromovimento".

La prossima traccia è un medley (credo) dedicato a parte del repertorio dove Zero affronta, con ironia e sagacia, l'amore violento che purtroppo, come ci dimostra la cronaca nera dei nostri telegiornali è più che all'ordine del giorno. Si inizia con una "Amore sì, amore no", riscattata da "Tregua", che cede il posto ad una "Baratto" da "Erozero". Spesso e volentieri, va detto, questi mixdi canzoni anni '70, portano Zero a prendere decisioni quantomeno discutibili, si pensia quello che è successo all'ultimo tour (il "Seizero"), dove i brani del primo periodo sono stati pretesto per un bruttissimo momento discodance. Qui va detto che il tema è invece affrontato e sviscerato con molta eleganza, poi, come prima, si assiste ad un riferimento ad una canzone mitica di "Quando non sei più di nessuno", il cui videoclip era trasmesso da certe tv musicali una ventina di anni fa. Mi riferisco ad "Amore al verde", che ha un'appendice che cede spazio ben presto a "Fiori d'arancio", forse il brano più trasgressivo sull'amore mai scritto da Zero. In precedenza, dopo "Baratto", avevamo rievocato sia "Profumi, balocchi e maritozzi" che "Sbattiamoci"., tratte rispettivamente da "Tregua" (1980) e "Zerolandia" (1978).

Dopo un monologo teatrale credo dedicato all'identità gay presa ad esempio di una categoria emarginata (oddio, forse dovrei usare parole indicibili!), Zero torna a cantare e ci offre una "Felici e perdenti", estratta, ancora una volta, dall'album "L'imperfetto". Questa canzone è, io l'ho sempre vissuta così, una riflessione su come sia trasversale la sensazione di perdita, che non dipende dalla posizione sociale. Su questa rielaborazione c'è poco da dire, è molto ma molto vicina alla versione da studio, comunque molto bella.

Con il sottofondo de "La tua idea" suonata da un pianoforte, la voce femminile rievoca il disastroso passato scolastico di Zero, anche se dai suoi meravigliosi testi forse non sidirebbe,. Quando Zero torna a cantare si rievoca "Problemi", tratta da "Soggetti smarriti", album del 1986. È una bella ballata che non ha mai conosciuto la luce della notorietà, direi ingiustamente. La ballata è uno sprone a non rimandare le soluzioni dei propri problemi, che secondo Zero sono "il sale della vita".

Musicalmente è bellissima, la solita ma mai banale apertura armonica, che io forse ho anche imparato da lui oltreché da tanti altri miei maestri in vari campi della musica.

E con un applauso delirante viene accolta la successiva canzone, uno dei classici del repertorio recente di Zero, la bellissima "Nei giardini chenessuno sa" tratta dal cd "L'imperfetto" (ancora una volta!). Qui sono notevoli le entrate e gli assoli di chitarra classica, che caratterizzano invariabilmente le versioni live del brano. Il brano, per chi non lo conosce, è dedicato agli anziani,categoria a a cui il cantautore è particolarmente legato, avendone molti tra i suoi estimatori (nonci dimentichiamo che ci sono sorcini di almeno tre generazioni se non quattro!).

La canzone ha una tenerezza completamente disarmante, quella che non viene compresa da chi dice di non amare (quasi sempre per pregiudizio!) la grande arte di Zero. Comunque musicalmente è davvero bella, con questo "crescendo" impostato sulla frase "e poi silenzi", a cui, in questa versione viene aggiunto un "Non è tardi, non ancora" nell'ultima ripetizione.

Dopodiché c'è un dialogo tra l'Angelo e il Diavolo, il quale si rammarica di aver trovato in Zero un vincente. Quando Zero torna a cantare, siccome il monologo finisce con la parola "Libertà", si assiste ad una rarissima e bellissima "Che bella libertà" tratta da "Via Tagliamento 1965-1970" (appena ristampato come già detto). Il brano continua con un altra traccia di "Via Tagliamento" intitolata "Angeli", che è stata unita perché è caratterizzata dallo stesso ritmo, da molti ritenuto banale ma in realtà solamente semplice. Questo accenno da luogo ad una schitarrata di quelle elettriche che fa spazio ad una bellissima "Bella gioventù" da "L'imperfetto". Sinceramente è particolarmente emozionante questo articolo, perché riesco a rivivere, dopo quindici anni, una delle mie più grandi emozioni. Il medley continua con "Figli della guerra" ("Quando non sei più di nessuno, 1993) interpretata con una solennità accentuata anche dalla presenza di un organo da Chiesa.

Si continua con una versione di "Uomo no", dove, se possibile, questo canto antidroga, viene interpretato con una solennità ancora più grande di quella precedentemente attribuita a "Figli della guerra". Dopo, sempre nella stessa traccia, si assiste ad una bellissima interpretazione di "Arrendermi mai", tratta dal mitico "Erozero" (1979",. Il brano è meraviglioso, io vi consiglio veramente di ascoltare per intero, come io sto facendo per recensirlo,questo concerto, forse il più bello mai concepito da Zero.

Tornano l'Angelo ed il Diavolo, ovviamente hanno vedute opposte, perché uno è felice per il successo di Zero e l'altro ci farnetica sopra (come quelli, più di quanti sembrino) che ancora non lo sopportano.

Andando avanti si rievoca la prima (delle due sole che abbiamo avuto!) partecipazione di Zero al Festival diSanremo, con la bellissima "Spalleal muro", scritta per luui da Mariella Nava. Immaginateviche quando io diventai sorcina, una delle persone che mi aiutò in questo viaggio, mi disse "Non ti presto la cassetta con "Vecchio" perché ci sono troppo legata!). Comunque è stupenda, questa ballata sulla condizione diemarginazionea cui sono condannati gli anziani da una società ingiusta, che in nome di un progresso posticcio e finto annulla la saggezza di secoli di vita. La versione che si ascolta è ancora più toccante, se possibile, sentita ed emozionata. Bella!

Questa tournée, tenuta ricordiamolo nel 1996, avvenne a molto poca distanza dall'uscita del cd "Sulle tracce dell'imperfetto", album da cui, pensate un po', non avevamo ancora trovato niente! Finalmente, dico io, sipuò ascoltare la bellissima "I migliori anni della nostra vita". Il brano, già allora, era entrato completamente nel DNA di noi sorcini, anche se Zero, lo farà da "Amore dopo amore, tour dopo tour" in poi, non fa ancora cantare nessuna parte completamente al pubblico, il quale comunque si prodiga in un canto festoso e raccolto. Curiosa è l'espressione "Guarda la vita", detta da Zero prima dell'ultima ripetizione integrale del ritornello. Non tutti sapranno che questa canzone non fu scritta né da né per Zero. Quanto si morderà le mani chi l'aveva avuta per sé e non la scelse?

Dopo un dialogo tra l'Angelo e il Diavolo, Zero canta "Giorni", uno dei brani dove Renato accusa certa gente (che c'è stata!) che l'ha tradito o se lo è dimenticata. L'arrangiamento, più acustico, rende sicuramente giustizia a questo capolavoro tratto da "Leoni si nasce", disco che era molto dedicato alla perdita, per Zero molto forte, del suo tendone blu dove si erano consumate le tappe fondamentali della sua carriera tra il 1978 e il 1982.

Curioso è questo brano, dovrebbe essere, se non vado errata, un mix di "Triangolo" e "Mi vendo", eseguite solo voce e strumenti classici (ci vogliono gli attributi!), dove finalmente, dico io, si sente chiaramente la voce dei sorci che fa il coro a Zero. Probabilmente anch'io a suo tempo avrò aiutato!

La traccia successiva dovrebbe essere un medley anni '70, che inizia con "Paleobarattolo" interpretata per intero. La cosa particolare, che ancora mi ricordo, della versione di Perugia, fu che alcune parole erano tradotte in perugino (giuro che ridemmo troppo!). L'orchestra sta ora eseguendo, senza soluzione di continuità una versione strumentale de "La favola mia" che ha permesso aZero di presentare la sua band, fatta quasi tutta di fedelissimi, perché solo così si costruisce un sound che sia davvero inconfondibile. Con "Il carrozzone" Zero ha presentato i due attori che hanno interpretato in maniera veramente convincente i rispettivi ruoli. Dopodiché l'orchestra si sta prodigando nell'esecuzione di una delle "grandi assenti" di questa scaletta, ossia la stupenda "Amico". Il medley, senza soluzione di continuità, si chiude con "Il cielo, che però dovrebbe far parte di questa stessa scaletta anche in versione cantata.

Ed eccola "Il cielo" in versione cantata ed integrale, con l'inconfondibile introduzione testata in occasione del tour precedente, ossia di "Zeropera". L'interpretazione è portata avanti con sicurezza e personalità, ma mai con quella superbia che fa pensare ad alcuni che i concerti sono solo una maniera di mostrarsi senza lasciare spazio d'espressione al proprio pubblico. Devodire che è emozionantissimo, come per me lo è stato finalmente poter risentire questo concerto meraviglioso, grazie, eternamente grazie a Zerogerry, un canale già consigliato ma vi riporto ancora una volta il link:
www.youtube.com/zerogerry.

Ciao nì, spero di avervi fatto un regalo almeno tanto grande quanto quello che mi sono fatta

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