sabato 18 settembre 2010

Fiorella Mannoia a Verona

Carissimi lettori, questa sera scriverò una recensione tra le più belle ed inaspettate che mi sia capitato di scrivere. Si parlerà di un concerto che Fiorella Mannoia ha tenuto all'Arena di Verona il 12 settembre. Questo concerto è stata la maniera che Fiorella Mannoia ha trovato di presentare il nuovo cd, intitolato "Il tempo e l'armonia"., uscito a meno di un anno di distanza dal bellissimo "Ho imparato a sognare". Il programma è iniziato con un'intervista alla cantante che nel parlare dimostra la stessa sensibilità ammaliatrice che sfoggia quando canta una qualsiasi canzone.

Mi è difficile riassumervela, quindi passo immediatamente a parlarvi del concerto, che ha un inizio a dir poco folgorante, infatti si parte con "I treni a vapore", una delle canzoni della Mannoia che ha cullato la mia infanzia. In questa occasione, dicciott'anni dopo la sua incisione originale, le atmosfere pop si rarefanno per dare finalmente rilievo a questa anima etnica che il brano di Fossati aveva sempre avuto, ma nell'interpretazione della Mannoia era rimasta come un silenzio. La voce della cantante si è ormai un po' incrinata, ma continua ad essere bella. Sidirebbe che scurendosi, questo timbro ha acquistato paradossalmente ancora più potere evocativo. Bellissime le parti di pianoforte che scandiscono le varie parti del brano, completamente libere, per niente riportate dalla versione storica in studio.

Direttamente da "Ho imparato a sognare", album dicover della cantante tra i più riusciti di questo ramo giustamente nominato per un premio al Premio Tenco, viene questa "Cercami", che già ha preso un altro respiro. L'interpretazione della Mannoia è altrettanto sentita rispetto a quella di Renato Zero, forse solo leggermente meno istrionica. Meravigliosi i finali calanti eseguiti egregiamente dopo quasi tutte le note di maggiore lunghezza dei versi. Naturalmente la Mannoia non usa il sussurro alla maniera di Zero, per la cui esecuzione si richiedono note gravi ma forse meno sporche di quelle della cantante romana.

E in questo viaggio tra i classici della recente canzone d'autore italiana la cantante ripesca "Sally" di Vasco Rossi, da lei interpretata nel live "Certe piccole voci" del 1999. In questo caso l'arrangiamento pop si disfa, e le sonorità moderne non sono più il perno del brano ma lo condiscono, lasciando che gli archi e la battteria suonata con le spazzole siano il nord della bussola. Interessantissimo questo cantato che incontra e si arricchisce con delle pennellate di parlato vicino al recitativo.

Continuando la cantante regala al suo pubblico uno dei suoi brani più belli ma meno conosciuti, la bellissima e malinconica "Lunaspina". Questa canzone, assieme a tutto il cd "Di terra e di vento" che la conteneva, ha cullato la mia infanzia, facendomi sognare come poche. Oggi questo brano ha ricevuto nuova linfa grazie ad un'interpretazione, forse troppo minimalista, che la stessa Mannoia ha reso insieme a Paola Turci nell'ultimo disco di quest'ultima. Per quanto riguarda la versione che abbiamo ascoltato si potrebbe definire un riuscito compromesso tra l'intimità della versionerecente e la ricchezza degli strumenti moderni.

Andando avanti abbiamo la prima sorpresa del concerto, ossia una "Ho imparato a sognare" interpretata insieme ai Negrita, suoi primi interpreti ed autori. Il brano è completamente interpretato in tonalità maschile, quindi la Mannoia non riesce a dare il massimo, anzi da molto poco. È interessante comunque perché permette di trovare la Mannoia mentre si confronta con un nuovo ambiente musicale, quello di un folk americano sulle orme diDylan.

Andando avanti si ascolta una gradevole versione di "Una giornata uggiosa" di Mogol-Battisti. Rispetto all'incisione presente in "Ho imparato a sognare" il Brasile è meno dominante, infatti il brano è portato verso una cornice latinjazz, interessante comunque.

Ora ci troviamo davanti una Fiorella Mannoia che omaggia Manu Chao con "Clandestino". L'arrangiamento porta il brano verso certe sonorità mediterranee che comunque sono molto consone a questa melodia, che se arricchita con strumenti classici (o "con letteratura" per dirla con PaoloConte) ha il suo fascino. Bellissime le "giunte" della Mannoia che davano a questa canzone una forza e una sincerità sicuramente maggiori rispetto all'originale.

Ed eccoci al secondo ospite, un Cesare Cremonini che interpreta superbamente "Le tue parole fanno male", brano che apriva "Ho imparato a sognare", il già citato ultimo album da studio della Mannoia. In questo caso il duetto è molto più convincente rispetto a quello con Pau dei Negrita, perché i due artisti eseguono il brano in due tonalità molto vicine quindi facilmente accoppiabili.

Proseguendo si fa un omaggio ai Negramaro, conl'interpretazione della loro "Estate". Va detto che la Mannoia spesso fa interpretare delle brevi parti falsettate al pubblico, che va detto che se la cava egregiamente. Il brano acquista un'anima mista tra il rock e il classico, perdendo completamente quell'anima pianistica che era data dalla impietosa battuta ritmica del tasto battente.

Andando avanti si rispolvera un grande classico della carriera della Mannoia, quella "Come si cambia" portata al Festival di Sanremo del 1984. Il brano in questa occasione acquista un'anima più rock, ma anche più intima grazie al rallentamento del ritmo.

E sempre dal repertorio anni Ottanta viene questo gioiello scritto da Enrico Ruggeri per la Mannoia e da lui successivamente reinterpretato nel cd "l'isola dei tesori". L'interpretazione che ascoltiamo de "I dubbi dell'amore" è rallentata molto, anche grazie al fatto che sono molto importanti gli archi, che fanno un tappeto inimitabile ad un'esecuzione molto buona. Si può riscontrare una specie di "teatralità emozionata", cheforse rafforza il messaggio sottinteso di questo brano, che credo sia un invito alla comprensione e all'apertura verso le fragilità.

Ed eccoci ad un riferimento ad uno degli ultimi classici del repertorio della Mannoia, il brano scritto per lei da Luciano Ligabue, intitolato "Io posso dire la mia sugli uomini", singolo con cui la cantante ci aveva presentato uno dei suoi migliori dischi, quel "Movimento del dare" che è tra i primi di cui si è parlato in questo blog. Il brano si è diviso in due parti molto diverse, che gli hanno conferito una grandissima dinamica. la prima parte è stata carattterizzata da un'esecuzione in sestetto, costituito dal quartetto d'archi più il pianoforte e dalla voce della cantante.

Proseguendo la scaletta si ascolta "belle speranze", brano che ha una coda rock abbastanza inutile, ma è bello.

Ed eccoci ad una delle poche canzoni davvero belle uscite in questi ultimi anni. Mi riferisco a "L'amore si odia", cantata superbamente insieme a Noemi, nuova e bellissima voce della canzone leggera italiana. Interessante l'inizio del brano eseguito da Noemi solo con l'accompagnamento degli archi,curioso è il controcanto per terze eseguito dalle due cantanti nell'ultimo ritornello.

Continuando si ascolta una versione di "Oh che sarà", che permette una delle più forti emozioni della serata. L'arrangiamento è molto simile a quello di Chico Buarque (l'originale), ma è ancora più vicino a quello presente nel cd "De mí" della cantante argentina Mercedes Sosa. Particolare è l'intrusione degli archi, che dà al brano un'aura classica molto fuori dalle coordinate della M.P.B, ma non lontana dallo spirito segreto di molti suoi brani.

Ed eccoci ad un'interessante ma non so quanto riuscita coda latinjazz, che permette di brillare ai musicisti del gruppo che comunque sonograndi strumentisti.

Ed ecco una versione solistica di "Pescatore", brano originariamente interpretato dalla Mannoia insieme a Pierangelo Bertoli. Rifacendoci alle osservazioni precedentemente fatte su "I treni a vapore", si potrebbe dire che anche qui l'anima pop si dissipi in un'intimità più etnica. Questa canzone è sempre bella, anche se forse sia l'abbassamento della tonalità sia l'assenza di una voce maschile chedialoga, sono cause di impoverimento al brano (naturalmente la seconda parte dell'osservazione si può riferire benissimo anche alla versione che Bertoli diede del brano da solista.

Il brano, dopo aver rallentato ulteriormente nell'ultima reitnerpretazione del finale "Pesca, forza, tira pescatore" ha una coda strumentale che segna la fine della parte ufficiale del concerto.

Quando la Mannoia torna sul palco siascolta una versione di "Via con me" molto sensuale, portata verso atmosfere tra il blues e il terzinato anni Sessanta. Va detto che laMannoia in questi ultimi anni sidiverte a giocare anche con repertori cheprima non toccava, questa seconda interpretazione di Paolo Conte lo sta mirabilmente a dimostrare. Ametà brano abbiamo avuto l'unico momento forse discutibile, dove l'anima blues è stata un po' troppo tiranna. Comunque bella versione e concerto stupendo.

Tornando indietro negli anni la cantante romana rispolvera un classico del suo repertorio, una bellissima "Quello che le donne non dicono", scritta magistralmente da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone e portata al successo dalla Mannoia al Sanremo 1987. Stasera il brano ha un colore sensualissimo, ma il canto riacquista quasi subito la limpidezza dei vecchi tempi. Il pubblico è portato a cantare il ritornello, la seconda volta addirittura a cappella,una favola.

E a proposito di brani immancabili nei concerti della Mannoia, proseguendo si ascolta "lastoria" di Francesco de Gregori. Il brano, come il precedente, è interpretato piano e voce ed è emozionantissimo. La forza della lotta collettiva qui è senza scappatoie, è gridata ai quattro venti, come un messaggio forte che deve entrare nella testa di chi ce lo vuole far dimenticare con ogni mezzo.

Arriviamo ad uno dei brani più belli del repertorio di Fiorella Mannoia,ad unabellissima ballata intitolata "Il cielo d'Irlanda", scritta per lei da Massimo Bubola. L'anima irlandese è fortissima, anche grazie alla presenza di un violino che nella parte iniziale suona una parte completamente collegabile ai reel irlandesi. Molto bello il finale con l'assolo di batteria che accompagna l'ultima strofa.

Chiedo scusa per la recensione frastagliata, è scritta completamente a caldo conla bussola delle emozioni.

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