giovedì 11 febbraio 2010

Don Backy: "Il mestiere delle canzoni

Carissimi lettori, questa sera, finalmente, spero di poter recensire l'ultimo cd, bellissimo, prodotto da Don Backy. L'album è un collage di pezzi che vertono sul "Mestiere delle canzoni", lavoro che Don Backy compie con sincerità veramente ammirevole.
Il cd si apre con "Sulla strada", brano ripreso da quel bellissimo cd intitolato "Signori si nasce". Questa versione è un misto tra un rock and roll molto addolcito e certe suggestioni reggae, che, almeno secondo me, non stanno un granché bene con la voce del nostro. Il timbro di Don Backy in questo disco è, come sempre ultimamente, limpido con "commozioni segrete".
La seconda traccia, sinceramente, è quella che sin da subito ha convogliato su di lei tutte le mie preferenze. Il brano, intitolato "Candida", è un terzinato caratterizzato da una strofa cantata sulle "basse" ed un ritornello dolcemente irruento. E' un brano dalla struttura tipicamente italiana, come se ne sentono troppo pochi in giro.
Si continua con un reggaettino curioso intitolato "Piazza S. Pietro", contro certe tecniche di distribuzione un po' maleducata dell'arte. Particolari sono, e le ritroveremo più avanti, le venature spiritual, mentre, prima della "coda" in re, si assiste ad una simpatica parte bandistica.
Ed eccoci a "Cultura della strada", brano caratterizzato da un pezzo strumentale eseguito dalla chitarra che cita "Stand by me", suonandola con evidenti richiami agli Shadows. E' un brano dove Don Backy ringrazia il suo pubblico per le numerose emozioni che gli fornisce, anche nella convivialità con i costumi di questa "grande e bella Italia". Particolare è, in un breve pezzettino del ritornello, una vena armstronghiana insolita ma comprensibile per chi sa della grande passione che il nostro ha per il trombettista e cantante americano.
Ed eccoci ad una beguine, con la quale Don Backy si fa un "Autoritratto" vero e sincero. E' un brano dolcemente ballabile, con venature di stornello popolare.
Ed eccoci a "Vent'anni", ritratto di quest'età da molti spesso rimpianta, scritto con tenerezza ma senza nostalgia. E' un terzinato che Don Backy canta ricordando un po' l'ultimo Umberto Bindi, quello di "Di coraggio non si muore", ultimo album inciso dal genovese in acustico.
Dopo questo momento tenero arriva, ripresa dal già citato e caldamente consigliato "Signori si nasce", "Il mio mestiere". E' un blues in maggiore, senza pretese di innovare armonicamente o melodicamente, creato solo come lo sfogo di una persona amareggiata da un mestiere che non le dà quello che sente di meritarsi (e si merita!).
E si torna a cantare teneramente, questa volta a tempo di tango "da balera", efocando una serie di ricordi e passioni richiamate da queste nostre amiche inseparabili chiamate "canzoni".
E sempre su questa scia sudamericana, guardando questa volta ad un'hispanoamerica che sa di jazz, si arriva a questa tenera e crepuscolare "Alberghi", con un'armonia prevalentemente maggiore ma impreziosita da raffinati spunti minori e da una citazione di "C'est si bon".
Siamo a "Che strano" che Don Backy interpreta in duetto con una giovane cantante che ha delle interessanti venature soul che, forse, non sono pienamente compatibili con lo stile del nostro. Il brano comunque è molto buono e ci permette di apprezzare le stupende tonalità gravi della voce di Don Backy che, non per questo rinuncia alle sue graffianti note alte. La struttura è quella di una ballad lenta in tono minore, abbastanza classica e lontana da ciò che si sente in radio.
Ed eccoci a "Spiritual", che riprende, sia ritmicamente che nella struttura dell'introduzione, "Piazza S. Pietro". E' un brano meraviglioso che riflette, ironicamente ma crudamente, sulla maggiore o minor sincerità delle convinzioni religiose.
Il cd si chiude con la riproposizione di uno dei più bei brani del repertorio di Don Backy. La canzone, intitolata "L'artista" e pubblicata originariamente nell'lp "Vivendo cantando" del 1981, è uno dei pochissimi brani di gratitudine al pubblico, che forse molti artisti vedono come qualcosa che a loro è dovuto.
E' un album che dà un'emozione profonda, che ci riporta uno dei pochi artisti sinceri della scena italiana. E' un grido di rabbia, gratitudine, tenerezza, tutti sentimenti ormai banditi. L'ascolto del cd è consigliato solo a quelli che dalla musica ancora pretendono che apra loro il cuore.

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