domenica 10 gennaio 2010

Ricky Gianco: Di santa ragione

Carissimi lettori, scusate l'invadenza ma devo parlarvi di un vero capolavoro, l'ultimo cd del cantautore Ricky Gianco intitolato "Di Santa ragione. E' un album che dimostra, se ce ne fosse bisogno, che la musica rock e pop, può anche essere spogliata dei suoi più abituali strumenti e rivissuta con la semplicità meravigliosa di un contrabbasso, una chitarra acustica, un pianoforte, una fisarmonica e delle percussioni etniche di varia provenienza.
La voce di Gianco, volutamente da lui "sporcata", è in verità stupendamente limpida.
Il cd, retrospettiva sulla migliore canzone d'autore italiana di questi ultimi cinquant'anni, si apre con uno degli inediti, la fortissima "Né sconti né saldi", giusta apertura di un album sicuramente fastidioso e scomodo. Infatti, come già dice il titolo, questo è un brano in cui Gianco ci dimostra che è tornato per rimanere con la voglia di lottare e farsi sentire.
Subito dopo arriva una ballata leggermente country, condita con venature avanguardistiche, intitolata "Un cucchiaino di zucchero nel té". Nel brano, scritto negli anni Sessanta ma spudoratamente attuale, si nota come le miserie di un popolo, qualsiasi esso sia, sono poi sempre le stesse.
Ed eccoci al primo omaggio ai grandi cantautori italiani, con una interpretazione, solamente contrabbasso e voce, di "Via Broletto 34", meraviglioso brano di Sergio Endrigo.
E dopo questa descrizione poetica di un tipico delitto d'onore, ci si torna ad occupare di una tematica che ultimamente è stata cantata da molti cantanti di generi musicali diversi, ossia il precariato. E' stato questo, tanto per confermare la "scomodità" di questo cd, il brano che ci ha fatto accorgere, a quei pochi che ascoltano certi canali satellitari, dell'esistenza di questo fantastico album. Non saprei come descriverlo, sembra una specie di chamamé argentino, con una fisarmonica molto in evidenza.
Ed ecco un altro omaggio ad uno dei troppi dimenticati della canzone italiana, il cantautore e poeta maledetto Piero Ciampi. Il brano scelto da Gianco è una "Io e te maria", risalente al periodo di piena maturità artistica del livornese, ossia all'inizio degli anni '70. Il brano è impregnato in questa versione di atmosfere argentine che non cozzano con l'originale, ma comunque lo portano verso atmosfere abbastanza nuove.
Ed ecco uno dei brani più stravolti, la bellissima "Pugni chiusi" che, perdendo i ritmi beat della versione originale dei Ribelli, si ammanta qui di atmosfere classico-jazzistiche, che le permettono di respirare un'intimità che forse, però, non rende giustizia alla passionalità tragica del testo.
Ed ecco uno spietato ritratto di ciò che è una città agli occhi di chiunque abbia un minimo di coscienza e non sia abbagliato da queste utopie di progresso facile che sono il pane quotidiano dei mass media, gli stessi che sicuramente non daranno spazio a questo cd. Il brano, dalle fortissime tinte country, si chiama "Povero Willie".
Ed ecco un altro brano politico, l'aggiornamento di un vecchio brano di Ricky Gianco intitolato "Antipatico". Se proprio devo descriverlo, lo definirei un brano giustamente impietoso con l'attuale politica.
Si ritorna all'intimità, con una rielaborazione, a dir poco da brivido, di "Quando", uno dei primi brani scritti da Luigi Tenco. La versione, basso e fisarmonica, fa acquistare un'anima franco-jazzistica ad un brano che già portava queste due componenti, solo nascoste da una parafernalia di archi.
Ed eccoci alla versione di "Geordie", eseguita da Ricky Gianco senza la voce femminile. Se vogliamo fare un confronto con una versione di Fabrizio de Andrè, si deve pensare quella live incisa dal cantautore con sua figlia poco prima di morire. Questa versione ha la stessa magica intimità , lo stesso bellissimo calore.
Ed ecco una versione rarefatta di un brano beat anni '60, lanciato dall'Equipe 84, gruppo nella cui genesi è coinvolto anche Francesco Guccini. Sia melodicamente che armonicamente, "Nel ristorante di Alice" è interpretata filologicamente, ma la scansione ritmica più lenta la fa diventare qualcosa di profondamente diverso dall'originale. Il canto si rarefà, acquista delle pause segrete, entra nella magia di cui è impregnato tutto l'album.
Ed ecco una versione intima, solo chitarra e voce, del capolavoro di Gino Paoli "Sassi". Forse, ad un orecchio poco abituato alla semplicità, che oggi non è più all'ordine del giorno, questa versione potrebbe suonare ripetitiva, perché non aiutata dall'orchestra. Secondo me, invece, questa situazione dà al brano un'anima di lamento d'amore popolare, facendolo parlare con alcune delle sue fonti più segrete.
Ed eccoci ad un altro capolavoro "Il vento dell'est", lanciato da Gian Pieretti nel 1966. In questo cd sono contenute due versioni del brano. La prima è caratterizzata da venature blues, forse un po' troppo forti, che non permettono di notare la serenità con cui il protagonista parla della morte della propria amata.
Ancora più "effettata", se possibile, è questa versione "cibernetica" sempre dello stesso brano. Sembra di sentire la musica di un altro tempo, in cui probabilmente l'umanità non esisterà più. Terribile!
Nonostante questa stroncatura senza appello dell'ultimo brano nelle sue due versioni, è un album da sentire e far sentire a chi ha ancora gli occhi chiusi.

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