domenica 27 dicembre 2009

Commento alla puntata del 27/12/09 di "Canzonenapoletana@rai.it".

Carissimi lettori, finalmente, come avevo auspicato, si tratta un autore più moderno all'interno di "canzonenapoletana@rai.it".
Si parla, giustamente, di Michele Galdieri, autore di canzoni famosissime come "Munasterio 'e Santa Chiara".
Michele Galdieri, oltre che un grande autore di canzoni, fu anche ottimo nello scrivere numerosissime riviste musicali. La sua produzione conta, oltre alla già ricordata produzione napoletana, una copiosa e famosa produzione italiana che comprende classici come "Ma l'amore no", "Mattinata fiorentina" o "Quel motivetto".
Ecco qua il primo brano di Galdieri che si ascolta, una rumba dedicata ad una "Sorrentina", interpretata dalla voce di un grande cantante di jazz, quindi anche di musica sudamericana, il torinese Ernesto Bonino. Noi oggi non lo possiamo concepire, ma alcune canzoni in lingua italiana, scritte magari su stilemi tipicamente napoletani, debbono essere accorpate alla produzione napoletana. Tra queste, ad esempio, oltre a quelle di Galdieri, mi piace citare il bellissimo "Acquerello napoletano", interpretato tra gli altri da Claudio Villa e Tullio Pane.
Un altro esempio di questo repertorio, è questa tarantella, interpretata dal potente tenore toscano Carlo Buti, intitolata "Canta ancora napoletana", inno alla vitalità delle popolane napoletane, le quali, secondo Galdieri, dovrebbero riprendere subito a cantare perché la natura era rimasta incontaminata anche dopo la guerra.
Questo brano, lo si sarà già capito, contraria la filosofia di "Munasterio 'e Santa Chiara".
Questa "Munasterio 'e Santa Chiara", viene eseguita, in maniera molto raffinata ma forse un po' pesante, da Vittorio De Sica, che ha sempre riconosciuto nella scuola napoletana di teatro popolare, la sua vera radice.
Io, invece, se non si vogliono riempire le proprie orecchie di orchestre altisonanti, vi consiglio di ricorrere alla versione di Roberto Murolo nella sua "Napoletana: antologia cronologica della canzone partenopea", edita originariamente dalla Durium.
Ora stiamo ascoltando un brano dalla struttura teatral-tragica, intitolato "'E perle d' 'a Madonna". E' la storia di un padre che viene a conoscienza del fatto che suo figlio è colpevole del furto delle perle della Madonna della Pietà, quindi lo condanna ma chkiede al magistrato di condannarlo avendo pietà data la recente guerra che ha tolto ai figli napoletani il cuore dal petto.
Ed eccoci ad un valzerino, molto più simile ad un brano degli anni '20, di quelli che scriveva il padre del poeta di cui ci stiamo occupando. Il brano si intitola "Dummeneca a Pusilleco". Si racconta, con allegria, ma con lentezza e romanticismo, delle coppie di innamorati che si recavano a Posillipo. Ovviamente, il poeta è il solo ad essere in una situazione diversa, perché la sua innamorata gli sta palesando l'insofferenza che prova nei suoi confronti. L'interprete è un tenore potente ma aggraziato, simile a Claudio Villa ma più impregnato di tragedia napoletana, il grande Antonio basurto, che esploderà qualche anno dopo, con il successo festivaliero, risalente alla prima edizione del Festival di Napoli, "'E cummarelle".
Ed eccoci ad uno dei classici della produzione di Michele Galdieri, quella "Serenatella a 'na cumpagna 'e scola". Il brano, musicato da Giuseppe Bonavolontà, padre del grande Mario Riva, reso immortale da "Il musichiere", è interpretato con grazia e senza teatralità, da un grandissimo Dino Giacca. La canzone è una delle più tenere nel repertorio di rimpianto della gioventù.
Bellissime, secondo me, oltre a questa versione di Giacca, sono le versioni di Murolo e Bruno Venturini, nelle loro rispettive antologie napoletane.
Non si deve pensare che i grandi successi dialettali abbiano fatto chiudere i ponti con l'italiano, che Galdieri sentiva particolarmente forti.
Nel 1948 Galdieri scrive questa "Fantasia sorrentina", dove si piange, con nostalgia ma senza patetismo, una Sorrento che già non c'era più. L'interpretazione di Claudio Villa, che come si sa era un patito della cultura napoletana, che d'altronde non poteva mancare nel repertorio di qualsiasi interprete che volesse puntare al rispetto, è perfetta, addirittura con un interessantissimo intervallo di quarta aumentata verso la fine.
I brani, nonostante la loro età spesso più giovane rispetto a quelli che di solito si ascoltano in questi cicli, non si trovavano poi in condizioni così buone, ma la storia è questa.
Spero che vi piaccia questo ciclo, e alla prossima puntata!

domenica 20 dicembre 2009

Commento alla puntata del 20/12/2009 di "Canzonenapoletana@rai.it

Carissimi lettori, ecco il commento all'ultima puntata su Rocco Galdieri di "canzonenapoletana@rai.it".
Si inizia con "Menta cedra", sfizioso brano che Galdieri scrive nel 1913 su un uomo che ha due amori, uno in campagna ed uno in città, e non si decide su quale far diventare il proprio vero amore. Alla fine, come potrebbe essere altrimenti, decide di stare sei mesi da una parte e sei mesi dall'altra. Il brano, come sempre, è stato ascoltato in una versione d'epoca interpretata da Pietro Mazzone, ma io voglio consigliarvi di ascoltare quella di Gianni La Magna, ottimo interprete di musica classica e popolare napoletana.
Si continua, finalmente non con una versione d'epoca, con un altro brano sempre del 1913 intitolato "Vocche desiderose". La cantante è Maria Longo e, almeno a me, non sembra napoletana, piuttosto del nord. Il brano, in concreto, ha un ritmo strano, inclassificabile, su un amore dove è solo il cantante a dare baci sufficienti al proprio innamorato che non ricambia. L'interpretazione è un po' alla Nilla Pizzi, ma è comunque bella.
Fortunatamente, dico io, ci stiamo disabituando alle versioni d'epoca, ed abbiamo avuto invece il piacere di ascoltare Vittorio De Sica, interprete ottimo di canzoni napoletane nonostante il suo essere ciociaro, che interpreta "Quanno uno è guaglione", brano dove Galdieri quasi si pente di essersi dedicato all'arte e alla letteratura.
Ma eccoci tornati alle incisioni d'epoca, ed eccoci al 1916, anno di questa "Canta surdato", uno dei brani dedicati ai soldati napoletani che venivano sempre dipinti come canterini e romantici.
Il brano, per fortuna, è abbastanza ascoltabile, quindi posso dirvi che è una marcia, ma non ha la solennità militaresca di "Surdate" di Cinquegrana, anzi è piuttosto leggera. La cantante è Gina Santelia, ottimo soprano dell'epoca.
Ed eccoci a Gennaro Pasquariello, uno dei cantanti che più ha interpretato il repertorio di Rocco Galdieri, da cui stiamo ascoltando questa commoventissima "Rundinella", scritta dal poeta nel 1918. L'interpretazione di Pasquariello, forse, è troppo teatrale e solenne, anche un po' troppo di "giacca" e troppo poco da serenata, mentre il testo riporterebbe più a quest'ultimo mondo.
Il brano è il canto di tristezza di un innamorato che viene lasciato, probabilmente per il suo miglior amico. La trama, come si vede, è abbastanza banale, ma c'è vera poesia. Per quanto riguarda le versioni moderne di questo brano, meravigliose sono quelle di Antonio Siano nel cd "core napulitano", prodotto dalla Acheri music nel 2002, e di Gerardo Pinto nel cd "Sciuscià".
Il penultimo brano della puntata è "Femmena amata", scritto da Galdieri nel 1919 ed interpretato negli anni '50 da Gino Latilla che, nonostante il suo essere baresee, è stato uno dei più notevoli interpreti di canzone classica napoletana. E' un brano d'amore, di cui, purtroppo, non vi posso dire niente perché nonostante che non fosse un'incisione d'epoca, era in bruttissime condizioni.
Ed eccoci all'ultimo brano, una bellissima canzone intitolata "Friscura", inno all'amore ed al fresco della mattina, che permette all'innamorato di aspettare con più speranza. L'interprete è, cosiccome era stato per la prima canzone della prima puntata del ciclo, il grande Dino Giacca, uno dei tanti dimenticati della canzone napoletana.
Spero che vi sia piaciuto questo ciclo, e mi auguro che il prossimo autore sia più recente, per poter anche commentare il suo stile letterario, oltre ad approfondire meglio le personalità musicali dei musicisti che abbiano alternativamente musicato i suoi versi.

domenica 13 dicembre 2009

Commento alla puntata del 13/12/2009 di "canzonenapoletana@rai.it"

Carissimi lettori, ecco qui il commento alla terza puntata del ciclo di "canzonenapoletana@rai.it" dedicato a Rocco Galdieri.
Si inizia con "'E figliole" interpretata da Elvira Donnarumma.
Siamo davanti ad un tipico pezzo in 2/4, raffinato comunque da queste pause così colte, caratteristiche come pochi particolari di questa "canzone classica storica" napoletana.
Purtroppo, devo già iniziare a dire che non capisco per niente il testo, d'altronde non va scordato che spesso per incidere dischi, dato l'elevato costo delle matrici, se ne utilizzavano anche di già usate, quindi la qualità ne risente.
Ed eccoci a "'Na vota sola", sempre in 2/4, che stiamo ascoltando nella versione di Giuseppe Godono. Da quello che mi pare di capire, dovrebbe essere un inno al primo amore, presentato come l'unico effettivo, il solo a cui si voglia effettivamente bene.
Il1912 è l'anno in cui, purtroppo, Giovanni Giolitti fu preso da voglie conquistatrici, nonostante che non fosse ancora sbiadito il ricordo della terribile sconfitta di Adua del 1887. Dato che la canzone napoletana, per quanto ne abbia dubitato certa accademia era il ritratto della vita e dei sentimenti di una città e non un "paradiso artificiale", canta i soldati che si battono. Nina de Charny, una delle tante sciantose dal nome francesizzato, ha interpretato 'O surdato tene vint'anne".
Ed ora stiamo ascoltando una delle tante rarità assolute presenti nell'insostituibile archivio rai dedicato alla canzone napoletana. Il brano, scritto da Galdieri nel 1912, è una macchietta che viene interpretata da Gigi Pisano, che poi, a partire dagli anni '20-'30 e fino ai cinquanta inoltrati, sarà l'autore di classici napoletani come "'Na sera 'e maggio" o "Agata".
Questo brano, che sviluppa un argomento costante della macchietta, i rapporti di coppia incentrati su un'assoluta autonomia nonostante il matrimonio, si intitola "Quando è così".
Se la macchietta era un genere importante e tipicamente napoletano anche se influenzato dalle suggestioni del contemporaneo cinema muto, non sono da dimenticare le canzoni che sono impregnate di influenze operistiche. Una, sicuramente è questa "Aria fresca", scritta nel 1913 ed interpretata da Iole Baroni, una cantante lirica che, con molta umiltà, pur mostrando la sua impostazione, è riuscita a trovare un canto napoletano inconfondibile e tipico.
La trasmissione si chiude con "Mammà non vuole", brano scritto nel 1913 da Galdieri ed interpretato, ancora una volta da Elvira Donnarumma.
E' un'innamorata che cerca di convincere il proprio amante dell'impossibilità del loro amore.
Musicalmente è un tipico brano in 2/4, ma non so dirvi di più.
Spero che vi sia piaciuto anche questo contributo napoletano, io mi sto divertendo un mondo, anche se le mie orecchie stanno soffrendo da cani!

domenica 6 dicembre 2009

Commento alla puntata del 6 dicembre 2009 di "Canzonenapoletana@rai.it".

Carissimi lettori, ecco il commento della seconda puntata dedicata a Rocco Galdieri.
Si inizia con "Sora mia", quella che secondo molti è la più celebre canzone di Rocco Galdieri. Stiamo ascoltando una versione d'epoca, frusciatissima quindi, interpretata da Pietro Mazzone, uno dei "posteggiatori" più famosi di inizio secolo. Non vi preoccupate, che non c'è bisogno di andare così indietro per conoscere questo brano. Si può ricorrere ad esempio, alla "Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea" di Roberto Murolo.
Si continua con un brano, in condizioni se possibile ancora peggiori del precedente, intitolato "L'amore ca dic'i'", interpretato da Elvira Donnarumma, bella voce di soprano che, però non può essere apprezzata nella sua pienezza in una registrazione in condizioni simili.
Sempre nel 1910, Galdieri scrive questa "Tu si nata", che viene interpretata da Alfredo Capaldo. E' una delle tante habaneras che costellano la storia della canzone napoletana. Il disco è meno frusciato, ma non riesco, comunque a capire il testo. Ciò non toglie che dia gusto sentire questi brani che, in molti casi, non sono più stati riproposti.
Ed eccoci ad un giovanissimo Gennaro Pasquariello, che ci canta uno dei tanti brani dimenticati della canzone napoletana, questa "'A femmena", scritta da Rocco Galdieri nel 1911. E', credo, la storia di un uomo che per amore aveva lasciato tutto, ma che, a sua volta, viene lasciato.
Si prosegue con una tra le mie composizioni di Galdieri preferite, una bellissima "Bonasera ammore". L'interprete è Mario Massa, un buono tenore che, però, forse recita troppo e, secondo me, in questa canzone ci vuole più tenerezza che teatro.
Insuperabili, secondo me, sono le versioni di Sergio Bruni, voce e pianoforte, e Gianni Quintiliani, orchestrata e tratta dal cd "'A pusteggia".
Ed ancora, in questa puntata, non avevamo sentito un inno alla bellissima città di Napoli. Il brano, intitolato "I' songo 'e Napule", è stato scritto nel 1911, ed è interpretato da Diego Giannini. E' una tarantella, di quelle dove la strofa è in minore e il ritornello è in maggiore. E' molto sfiziosa ma, come sempre, non si capisce il testo.
E si chiude con una tarantella intitolata "Papà". E' una specie di "macchietta", dove un figlio dice di volersi sposare, nonostante che lui sia povero e disoccupato e lei sia più povera in canna di lui. Non si sanno precisamente le reazioni del "babbo", ma paiono abbastanza allarmate. L'interprete è stato Raimondo De Angelis, ottimo tenore da "macchietta".
Questi cicli fanno toccare con mano la standardizzazione a cui è arrivato anche questo repertorio, di cui si sente in continuazione un'infima parte. Ai cantanti napoletani dico: preparatevi e ricercate di più, per far conoscere questa miniera di gioielli insuperabili.
gCarissimi lettori, ecco il commento della seconda puntata dedicata a Rocco Galdieri.
Si inizia con "Sora mia", quella che secondo molti è la più celebre canzone di Rocco Galdieri. Stiamo ascoltando una versione d'epoca, frusciatissima quindi, interpretata da Pietro Mazzone, uno dei "posteggiatori" più famosi di inizio secolo. Non vi preoccupate, che non c'è bisogno di andare così indietro per conoscere questo brano. Si può ricorrere ad esempio, alla "Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea" di Roberto Murolo.
Si continua con un brano, in condizioni se possibile ancora peggiori del precedente, intitolato "L'amore ca dic'i'", interpretato da Elvira Donnarumma, bella voce di soprano che, però non può essere apprezzata nella sua pienezza in una registrazione in condizioni simili.
Sempre nel 1910, Galdieri scrive questa "Tu si nata", che viene interpretata da Alfredo Capaldo. E' una delle tante habaneras che costellano la storia della canzone napoletana. Il disco è meno frusciato, ma non riesco, comunque a capire il testo. Ciò non toglie che dia gusto sentire questi brani che, in molti casi, non sono più stati riproposti.
Ed eccoci ad un giovanissimo Gennaro Pasquariello, che ci canta uno dei tanti brani dimenticati della canzone napoletana, questa "'A femmena", scritta da Rocco Galdieri nel 1911. E', credo, la storia di un uomo che per amore aveva lasciato tutto, ma che, a sua volta, viene lasciato.
Si prosegue con una tra le mie composizioni di Galdieri preferite, una bellissima "Bonasera ammore". L'interprete è Mario Massa, un buono tenore che, però, forse recita troppo e, secondo me, in questa canzone ci vuole più tenerezza che teatro.
Insuperabili, secondo me, sono le versioni di Sergio Bruni, voce e pianoforte, e Gianni Quintiliani, orchestrata e tratta dal cd "'A pusteggia".
Ed ancora, in questa puntata, non avevamo sentito un inno alla bellissima città di Napoli. Il brano, intitolato "I' songo 'e Napule", è stato scritto nel 1911, ed è interpretato da Diego Giannini. E' una tarantella, di quelle dove la strofa è in minore e il ritornello è in maggiore. E' molto sfiziosa ma, come sempre, non si capisce il testo.
E si chiude con una tarantella intitolata "Papà". E' una specie di "macchietta", dove un figlio dice di volersi sposare, nonostante che lui sia povero e disoccupato e lei sia più povera in canna di lui. Non si sanno precisamente le reazioni del "babbo", ma paiono abbastanza allarmate. L'interprete è stato Raimondo De Angelis, ottimo tenore da "macchietta".
Questi cicli fanno toccare con mano la standardizzazione a cui è arrivato anche questo repertorio, di cui si sente in continuazione un'infima parte. Ai cantanti napoletani dico: preparatevi e ricercate di più, per far conoscere questa miniera di gioielli insuperabili.

venerdì 4 dicembre 2009

Il mio Natale.

vCarissimi lettori, siamo arrivati nel mese del Natale, e già nelle radio iniziano a furoreggiare quei pezzi insopportabili che secondo alcuni caratterizzano "a quadra natalícia", per dirla con i portoghesi.
Io, ormai da diversi anni, da quando non ascolto musica leggera se non per la musica d'autore, che comunque mi piace di spessore, preparo, verso questo periodo, liste mentali che, però, in questa occasione voglio condividere con voi, per farvi passare un Natale che, oltre ad essere buono, può diventare "etno-cantautorale".
Le cose da consigliarvi o ricordarvi sono molte, partiamo da quelle più facili e comuni.
Notevolissima è "Natale" di Francesco de Gregori, il quale, sempre sullo stesso tema ha inciso il brano "Natale di seconda mano". Purtroppo la mia memoria non mi permette di darvi il titolo dell'lp che conteneva la prima, ma la seconda si trova in "Amore nel pomeriggio", ultimo albbum veramente bello del cantautore romano, risalente al 2000.
Rarissima, bellissima e sconosciuta, è "Buon Natale", scritta da Renato Zero, e contenuta nel cd "Tregua", pubblicato in doppio vinile nel 1980.
Dando uno sguardo alle discografie straniere, particolarmente alla musica portoghese, è sicuramente da segnalare "O natal dos simples", classico della musica lusitana, scritto ed interpretato dal professore, cantautore e ricercatore popolare José Afonso.
In Spagna, lo faccio più per questioni di cuore che per altro, mi va di ricordare José Luis Perales, con la sua semplice ma tenerissima canzone "Navidad".
Sicuramente di un altro spessore, sempre in lingua spagnola ma proveniente dall'America Latina e più precisamente da Cuba, è questa "Canción de Navidad", scritta e cantata dal cantautore, ottimo chitarrista e pianista, Silvio Rodríguez, registrata nell'album "Rodríguez".
In francese, siamo già su un campo più metaforico, ricordiamo "Le père noël et la petite fille", dove, molto poeticamente e dolcemente, si parla di uno stupro (con le atmosfere che Gino Paoli ha usato nella bellissima "Il pettirosso" per parlare di pedofilia, non compreso dalla Mussolini).
Se andiamo sulla tradizione italiana d'origine agropastorale, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Meravigliosa è, ad esempio, una "Strina" leccese cantata dagli Ucci per Brizio Montinaro, che l'ha pubblicata in uno dei suoi volumi di "Musiche e canti popolari del Salento", pubblicati originariamente per l'etichetta Albatros, ristampati poi dagli Aramirè, che hanno pubblicato, oltre ai primi due, il terzo, che era completamente inedito. Tra le versioni di "riproposta" da me conosciute, è da ricordare quella dei Ghetonia, in "Grecìa salentina", e quella degli Arakne mediterranea, con testo alternativo rispetto a quello degli Ucci, cantata prevalentemente in lingua grika ("Gramma", 2006).
Bellissima è anche un'altra strina, questa volta calabrese, riportata alla luce da Danilo Montenegro nel cd "Amari è peniari".
Per quanto riguarda la Sicilia, è notevole una tarantella natalizia riportata alla luce da Mimmo Mollica, il cui titolo a me manca da sempre, contenuta in "Vinni cu vinni".
Tra le monografie natalizie, ne voglio segnalare due: l'lp "Gesù, Giuseppe e Maria" di Otello Profazio, risalente al 1973 in edizione Fonit Cetra ed ora ripubblicato dalla Elca sound, e "Concerto di Natale", inciso dalla grandissima Rosa Balistreri con i Dioscuri, ottimo ensemble etnico siciliano.
Anche i poeti più colti, Salvatore di Giacomo in primis, grande poeta dialettale ed erudito napoletano tra Otto e Novecento, non hanno resistito alla tentazione di affrontare questi temi. E' sua una bellissima "novena", intitolata "'A nuvena", dove si narra di uno zampognaro di fuori Napoli che, nel bel mezzo di una "suonata", riceve una lettera da sua moglie che aveva lasciato quasi vicina al parto. Da ascoltare sono le versioni di Sergio Bruni (in "Omaggio a Di Giacomo") ed Egisto Sarnelli.
Per finire questo percorso vi consiglio una delle canzoni che hanno cullato la mia infanzia. E' un "villancico", canto natalizio spagnolo, scritto da Gloria Fuertes, poetessa contemporanea, e musicato da Paco Ibáñez, colui che da ormai cinquant'anni si occupa di far fare un percorso nella letteratura spagnola ed hispanoamericana, tramite la messa in musica dei suoi migliori scrittori. Il brano in questione si trova sia in "Paco Ibáñez 3" (da studio), che su "Paco Ibáñez en el Olympia" (dal vivo). Per trovare i dischi di questo cantante, purtroppo, chi non voglia rischiare la vita tramite Internet, dovrà rivolgersi a qualcuno in Francia.
Questo articolo è stato solo un pretesto per augurare a tutti un buon Natale ed un felice anno nuovo, nei quali io vi continuerò a tenere compagnia con i miei scritti. Se ascolterete anche solo uno dei brani che cito, farete anche voi un po' parte della mia vita.