mercoledì 25 novembre 2009

Luigi Tenco: "Gli inediti

Carissimi lettori, ecco qui uno degli articoli più emozionanti che io possa pensare di scrivere, perché parlerò di un cd, pubblicato dall'"Ala bianca" nella collana "I dischi del Club Tenco". E' un doppio cofanetto con brani inediti di Tenco e con versioni altrui, altrettanto inedite, di canzoni del grande piemontese (genovese adottivo).
Il primo cd, quello dedicato più che altro alle interpretazioni dello stesso cantautore, si apre con "Padroni della terra", traduzione molto particolare de "Le deserteur" di Boris Vian. L'arrangiamento, scarno in verità, è molto più country piuttosto che jazz, forse poco compatibile con lo spirito di Vian, ma vicino a brani di Tenco come "E se ci diranno".
La voce di Tenco, qui, è bellissima anche se la registrazione, di qualità scarsa, non ne permette un godimento pieno.
Subito dopo si ha una nuova perla del repertorio di Tenco, uno dei brani mai pubblicati dal cantautore, la romanticissima "Se tieni una stella", interpretata da Massimo Ranieri. Il brano, eseguito live al Teatro Regio di Parma in occasione di una serata per il quarantennale della morte di Tenco, viene cantato magari con voce un po' incrinata, quindi viene inevitabilmente addolcito, ma tenco vi respira innegabilmente dentro.
Un altro brano mai pubblicato da Tenco, che in verità non ha fatto in tempo neanche a dargli un testo, è questa "No, no no.", che qui viene eseguita magistralmente da Stefano bollani, uno dei più grandi interpreti della scena jazzistica italiana.
Il brano è in tonalità minore e, quantomeno nell'arrangiamento di Bollani, assume uno stranissimo ritmo sudamericano.
Subito dopo troviamo Morgan che, sempre in questa serata al Teatro Regio di Parma, interpreta una versione in inglese di "Vola colomba", intitolata "Darling remember". L'interpretazione è jazzistica, ma, come sempre in Tenco, rispetta la matrice melodica italiana.
Ed eccoci ad un'interessantissima versione di "Quando", brano che nella versione ufficiale è caratterizzato da arrangiamenti classici un po' pesanti. Qui, la brevissima versione presente, è con un bellissimo gruppo jazz, a ricordarci la mai sopita passione di Tenco per questo genere di musica, che d'altronde aveva impregnato di sé tutta quella generazione che poi sarebbe stata chiamata "Scuola genovese".
Un'altra canzone in cui jazz e classico si fondono in maniera mirabilissima è "Il tempo veloce passò", incisa qui già con un'orchestra piena, e non si sa perché mai pubblicata.
Ed ecco "Come mi vedono gli altri", un interessante swing, con la solita apertura melodica quasi specifica di Tenco. Ed ecco che il cantante ci delizia con un breve assolo di sax contralto, dove si può sentire la "sensualità assoluta" caratteristica del suo stile sassofonistico.
Purtroppo, per ora, io non posso fare confronti tra questa ed altre eventuali versioni.
Ed eccoci a "Se stasera sono qui", qui riscoperta voce e piano, ossia nella sua essenza, perché, non va dimenticato, la Ricordi, quando decise di pubblicare l'lp antologico che porta lo stesso titolo di questo brano, all'epoca inedito ma poi assurto alla categoria di classico dell'opera di Tenco, ci mise un'opprimente, anche se bella, orchestrazione. Questa versione, solo voce e pianoforte, permette di fare (o rifare) la scoperta della tecnica semplice e perfetta di Tenco sullo strumento.
Subito dopo c'è un brevissimo provino "a cappella", di cui, purtroppo, non so come parlarvi.
Subito dopo, arrivano due tracce riguardanti "Ragazzo mio". La prima è una conversazione tra Tenco ed un tecnico di sala, e la seconda è una versione alternativa della canzone, incisa in una tonalità più bassa ed accompagnata con strumenti diversi. Da notare è la presenza di due strofe che, come se ce ne fosse bisogno, rendono ancora più forte questa ballata, forse tra le più profetiche del cantautore.
E, direttamente dagli archivi Rai, arriva questa "Non sono io", eseguita da Tenco accompagnandosi al pianoforte, ma senza usare il pedale per allungare le note. Questa caratteristica, che io noto particolarmente nella mia qualità di pianista, non permette all'accompagnamento di dialogare con l'apertura melodica, veramente rara, della frase del canto.
Subito dopo, siamo davanti ad un altro brano tronco, intitolato "Ah l'amore l'amore". caratterizzato da un uso particolarissimo di strumenti e tecniche esecutive tipiche di certa musica centroamericana, in quegli anni usate in tutta la musica leggera.
Subito dopo, tornando ai brani voce e pianoforte, abbiamo una meravigliosa versione di "Vedrai vedrai", la cui interpretazione, se possibile, ha una passionalità ancora più forte di quella comunemente nota, già fortissima.
Nel ritornello, l'assenza della chitarra jazz, permette (o obbliga) il pianoforte ad eseguire un rigorosissimo terzinato, che porta il brano ad avere un'anima tra il sudamericano (bolero cubano), il jazz (il canto di Tenco) e la melodicità italiana (la stessa struttura melodica del brano).
Subito dopo arriva una versione francese di "Un giorno dopo l'altro", che d'altronde era stata composta per la colonna sonora di Maigret. Il testo francese è fortemente "francesizzato", vi si citano Parigi, Momartre e la "bohème".
Subito dopo, come un confronto istantaneo, arriva la versione inglese dello stesso brano, intitolata "One day is like another", che mantiene un maggior legame con l'originale, anche se è un po' più sdolcinata e meno interiore. La versione inglese è integrale.
Subito dopo arriva un brano in lingua spagnola, la traduzione di "Ognuno è libero", ben fatta e ben pronunciata. Qui non ci sono forzature, anzi gran parte del testo è veramente tradotto alla lettera.
Subito dopo arriva "Io sono uno", con testo diverso e in una versione beat, caratterizzata da un uso interessante del la minore settima, inserito in un comunissimo giro di "tonica", "dominante" e "sottodominante".
Ed eccoci a "Guarda se io", altro brano eseguito voce e pianoforte e, almeno qui, caratterizzato da una gran quantità d'accordi, che dànno un'apertura grandissima alla melodia che, come sempre, è apertissima.
Ed eccoci al Luigi Tenco jazzista, che sentiamo prodursi in una ballad lenta, a cui lui, con la già ricordata sensualità del tocco sassofonistico, riesce a dare quella che per me è l'anima irrinunciabile di qualsiasi brano jazz non veloce.
La melodia è dominata ed arricchita con un bellissimo assolo, che dimostra quanto Tenco fosse entrato nella filosofia di questa musica, senza compromessi né mediazioni.
Al sassofono di Tenco attualmente sta rispondendo la tromba, con un assolo meno ricco, forse, più "cantabile", almeno per me meno interessante.
Ed ecco che torna Tenco con le sue stravaganze melodiche, che però sono, come già osservato, completamente compatibili con lo spirito di questa musica.
Ed ecco "The continental", un noto swing che, però, forse, nell'interpretazione del Settetto moderno genovese, viene un po' intiepidito, ma, d'altronde, tutto il jazz italiano, quando veramente cerca di far vedere la propria identità, diminuisce di intensità certe caratteristiche e ne allarga altre nella musica statunitense.
Anche qui, come nel brano precedente, i musicisti si aprono in assoli melodicamente aperti.
Il cd, poi, continua con un'intervista concessa da Tenco a Sandro Ciotti, che ancora non aveva la voce rauca che spesso gli si associava nei suoi ultimi periodi, quando era già una gloria del giornalismo sportivo. La voce del giornalista, ancora, era una limpida voce da basso profondo, che interroga Tenco i nmaniera rispettosa ma ironica, e fa sentire una stima del tutto particolare. Tenco risponde in maniera un po' ombrosa, insomma in maniera completamente compatibile con il suo carattere.
Così si conclude il primo cd di questa antologia, che continua con una serie di reinterpretazioni, altrettanto inedite di brani di Tenco.
Il cd comincia con una versione di "Lontano lontano", brano con cui ritualmente si apre ogni rassegna del Club tenco che si rispetti, interpretata da Vinicio Capossela, che, ormai, non sa che cantare come un tarantolato del ventunesimo secolo, figura di cui, sinceramente, anche da appassionata di pizzica, voglio dire di poter far a meno. Il brano è interpretato con stonature da jazzista, con rabbia inutile, insomma bocciato.
Subito dopo, fortunatamente, arriva una buona, non perfetta, interpretazione di "Ho capito che ti amo", da parte di Roberto Vecchioni. Ciò che non rende giustizia alla bellissima voce di Vecchioni, secondo me, è il bruttissimo accompagnamento elettronico, che fa diventare questo brano una traccia quasi tecno. Abbastanza discutibili sono poi le défaillances da parte di Vecchioni sul testo, un po' di professionalità in più non farebbe male anche in queste occasioni. Il finale è addirittura affidato a Tenco, adeguatamente filtrato e peggiorato nella più deteriore moderna tradizione.
Arriviamo poi, finalmente, ad una buona interpretazione da parte di uno dei più interessanti cantautori moderni, ossia "La vita sociale" cantata da Simone Cristicchi. Innanzitutto va riconosciuto a questo cantante il coraggio di interpretare il brano in acustico, accompagnandosi solo con un pianoforte ed un violino, tra l'altro non stonando mai, poi va detto che lo spirito cantautorale è assolutamente rispettato.
Ecco un gruppo romano, gli Ardecore, che interpretano "Quasi sera". Il brano, anche in questo caso, è rispettato nello spirito e ben cantato. Non viene meno, anche se non conosco l'originale di Tenco, né la tipica ricchezza melodica del cantautore, né il tipico terzinato anni Sessanta. Il sassofono ha delle venature forse troppo free jazz, ma non sono sgradevoli. Il canto è spesso dolce, giusto con qualche venatura arrabbiata verso la fine.
Ed ecco uno dei tanti cantanti stranieri che scelse l'Italia come sua patria sin dagli anni Sessanta, il leader dei Rokes Shel Shapiro. Il cantante e chitarrista inglese, interpreta, con spirito da grande folk singer americano, la ballata "Cara maestra". Molto gradevole, personale ma rispettosissima, oltretutto interpretata semplicemente voce e chitarra.
Arriva poi Alice che interpreta "Se sapessi come fai". Credo, chi mi conosce lo sa, che ogni epoca vada rispettata e, quando ti vengono affidate creazioni altrui, oltre a farle personali, la nostra personalità si deve un po' "nascondere" dietro quella dell'interprete originale, ma qui, in tutto questo disco, mi pare che si sia voluto fare delle canzoni di Tenco, qualcosa di "altro" da loro stesse, impigliati in quello stereotipo che, dato che i testi sono attuali, possono essere riportate semplicemente e stupidamente verso la nostra epoca. Il brano è troppo tecno, elettronico e, all'inizio addirittura dark.
Ecco una buona interpretazione, per lo meno per quello che intendo io. Troviamo, infatti, Alessandro Aber, grande attore che si diletta spesso a cantare, che canta, con la sua voce "sporca" e cavernosa, "Mi sono innamorato di te". Magari c'è un po' troppo teatro, che si accorda poco, per lo meno secondo me, con Tenco, però è buona e ve la consiglio.
Ecco gli Skiantos, gruppo punk bolognese, che interpretano "Un giorno di questi ti sposerò". Il brano di Tenco lo conosco vagamente, quindi, purtroppo, un paragone non è possibile. Dico, però, che non mi piace per le ragioni dette per altri brani di questo secondo disco, di un'antologia che trovo interessante giusto per le rarità del cantautore che ci porta a conoscenza.
Ecco una versione di "Angela", da parte dei Têtes de bois. Anche questa non mi piace, anche perché questa canzone è insostituibile per caratteristiche armoniche che sono state tutte annullate. Intanto è un valzer, ritmo che su di me esercita un fascino speciale, che permette di teatralizzare la sofferenza d'amore del protagonista, che in questo tappeto di pop sofisticato, paradossalmente si banalizza tantissimo.
Interessantissima è, invece, pur nella sua stranezza, la versione swing, un po' alla Django Reinard, de "La mia valle" cantata da Giorgio Conte.
Anche qui non posso fare il paragone con il brano di Tenco perché, mea culpa, non lo conosco. Comunque, potrebbe ben essere un brano scritto dai fratelli Conte, avventuroso e jazzistico, finalmente qualcosa di bello e rispettoso con una delle componenti fondamentali della personalità tenchiana.
Eccoci ad una delle voci più emozionanti e belle della musica popolare italiana, la sarda Elena Ledda, che si produce in una toccantissima interpretazione, acustica ed in lingua sarda, de "La ballata del marinaio" che diventa "Sa canzone de su marineri". Io, purtroppo non so quanto l'interpretazione sia fedele, ma sicuramente rende molto, è molto dolce e tellurica contemporaneamente.
Ed ecco Giovanni Bloc, che fa una versione jazzistica, molto convincente devo dire, della "Ballata della moda", satira sulla pregnanza, spesso negata, di questo fenomeno deplorevole.
Ed ecco Gerardo Balestrieri, che interpreta "Se potessi amore mio", una delle tante, troppe, canzoni di Tenco che mancano alla mia conoscienza. Questa versione è caratterizzata da un caldo ritmo latino, portato da delle avvolgentissime spazzole, coadiuvate da una chitarra classica ben suonata, ma anche da un fastidioso strumento, la cui accordatura non è temperata.
Ed ecco Ricky Gianco, uno dei pochi interpreti genuini del rock and roll all'italiana, che interpreta un brano di Tenco, che lui aveva già interpretato, intitolato "Vorrei sapere perché". L'interpretazione, breve ma integrale, è piena di quell'ingenuità, così tipica della prima generazione di rockers italiani, dal primissimo Adriano Celentano, a Giorgio Gaber, passando per lo stesso Ricky gianco o Ghigo.
Successivamente arriva Ada Montellanico, una delle più rinomate jazziste italiane, che interpreta "Averti fra le braccia". Purtroppo, questa versione, invece di approfittare della matrice jazz ballad innegabile in questo brano, porta la canzone verso il jazz moderno, non facendo sentire per niente l'apertura e ricchezza melodica di Tenco, che consisteva in aver fatto dialogare questi due generi che, non solo non devono lottare, ma possono stare insieme benissimo.
Il canto è troppo sofisticato, ci sono troppi "scat", vocalizzi all'americana.
Arriva poi "Giornali femminili", interpretata da Paolo Simoni con venature bossa nova, che la rendono interessante. E' un brano che, già quarant'anni fa, satireggiava i cosiddetti "giornali femminili" e il ritratto che fanno della donna e delle sue attitudini ed interessi. Secondo me, comunque, in nome dei sicuramente giusti ideali di non discriminazione, noi stiamo perdendo la nostra identità, e questo, quando è esagerato, è un male.
Il cd, comunque, si chiude con una toccantissima versione di "Lontano lontano", questa volta filologicamente corretta, interpretata da Eugenio Finardi, semplicemente chitarra e voce.
Questo cd, comunque, ve lo consiglio caldamente, per riscoprire Tenco, ma solo se ne siete cultori: dubito che chi non lo conosce lo potrebbe capire.

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