lunedì 5 ottobre 2009

Duerme negrita (A Mercedes Sosa).

Carissimi lettori, oggi devo scrivere uno dei post più tristi di questo blog, per ricordare un'artista a cui devo molto, che mi tiene compagnia da ormai vent'anni, la cantante argentina Mercedes Sosa, che ieri, dopo una lunga malattia ci ha lasciati.
Mercedes Sosa era un'autentica cantrice popolare che, a partire dagli anni '80, aveva iniziato a ritrovare gioielli anche nella musica d'autore in lingua spagnola, la quale, d'altronde, non gira così brutalmente e stupidamente le spalle al folklore.
La scoperta di Mercedes Sosa, per me, è legata ad un ricordo risalente alle mie scuole elementari, in cui, come compagne di scuola, avevo due sorelle figlie d'un argentino, il quale, alla mia richiesta di musica della sua terra, mi mandò una cassetta con il meglio, selezionato da lui dai cd "Treinta años" e "De mí", di questa cantante del nord del paese, zona per niente toccata dal tango.
Il primo repertorio della cantante, infatti, quello cantato nei suoi primi vent'anni di carriera, approssimativamente, è costituito da brani della tradizione del nord dell'Argentina, e, soprattutto, da brani d'autore ispirati a quei ritmi. Di quel periodo è "Mercedes Sosa interpreta a Atahualpa yupanqui" (1971) o l'omaggio a Violeta Parra, grande artista cilena che ha fatto nascere il movimento sul folklore di quel paese, da cui, quasi subito, partì la coscienza in tutta l'America spagnola.
Mentre scrivo sto riascoltando un disco che ebbi poco dopo averla scoperta sempre da qualcuno di questi argentini che, con gentilezza ed orgoglio, hanno radicato in me l'amore profondo che ho per la loro terra.
Il cd, intitolato "Amigos míos" e risalente al 1988, non è sicuramente tra i migliori né è poi così fondamentale per la scoperta di questa voce argentina, ma io, ci sono molto legata.
Venendo tecnicamente a parlare un po' del timbro di questa cantante, una delle poche "indias" argentine che soffrendo è riuscita ad emergere, è un timbro scuro, segretamente dolce che, almeno secondo me, dà il massimo di sé quando canta ritmi popolari delle sue parti, ossia quasi sempre.
I dischi che io consiglierei per scoprirla sono: "Gestos de amor", "Live in Argentina" (emotivo concerto tenuto a Buenos Aires poco prima della fine della dittatura che le aveva dato tanti problemi. Bellissimo per la comunione di festa e di lotta che si crea tra il pubblico e la cantante); "Treinta años", raccolta molto buona e completa.
In questa epoca in cui pare che puntare sull'incrocio di musica d'autore e popolare debba sempre arrivare alla morte totale della seconda in favore di desuetissimi schemi pop, riascoltare anche solo questo "Amigos míos", dimostra che c'è un'altra strada, e c'è chi la persegue senza tradirsi.
Si può dire che Mercedes Sosa sia stata, forse come nessun altra, la voce della fratellanza di un continente che ora la sta piangendo fortissimo. Con la sua sincerità ha raprpesentato una bandiera di coerenza, virtù che ora è latitante.
L'ultimo repertorio di Mercedes Sosa, lo dico con sincerità, mi vibrava meno, forse anche perché io stessa ero cambiata, ma riascoltarla mi sta facendo molto piacere, e probabilmente sarebbe stato questo che lei avrebbe gradito.
Dovete scusarmi se questo post è un collage di sensazioni e divagazioni personali, non riuscendo forse a raccontare ciò che sento e provo nell'ascoltare questa grandissima cantante, ma meglio non posso fare.
Se qualcuno dopo averlo letto avrà deciso anche solo di tentare la fortuna e comperare qualche disco, avrò ottenuto il mio obiettivo, che è poi solo quello di far continuare a vivere questa artista che, tra le altre sue passioni, aveva anche l'Italia. E' da ricordare, infatti, nell'album "Sino" dell'inizio degli anni '90, l'interpretazione, non eccezionale comunque, di "Caruso".

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