sabato 15 agosto 2009

tutto svuotato!

Carissimi lettori, questa sera mi va di scrivere un articolo che, suppongo, conoscendomi un pochino, sarà molto polemico. Lo spunto me lo dà il servizio di Vincenzo Mollica, giornalista per il quale io non ho mai nascosto la mia infinita stima, su un dj autore della canzone più banale e terribile di questa estate.
Mi andava di riflettere su come tutto, perfino il telegiornale della tv di Stato, d'altronde in niente diversa dalle private, sia stato svuotato dei propri contenuti base.
Da questo, ovviamente, essendo l'arte specchio dell'epoca in cui viene prodotta, non si è salvata neanche lei che, nel suo nome, avrebbe il concetto nobilissimo e spesso dimenticato di artigianato.
Oggi non si riesce più ad ascoltare niente, si pretende, e si raggiunge l'obbiettivo, di fare programmi, siano televisivi o artistici, che non informino ma facciano tacere la coscienza.
Anche le canzoni, che d'altronde possono essere fatte con il computer senza più l'uso o l'ausilio degli ingombranti strumenti acustici, smettono di essere qualcosa che richiede pazienza auditiva, per essere un qualcosa di cui non ci si accorge più, un tappeto naturale come la nostra pelle. Orribile!
Anche l'arte diventa una forma di pubblicità in se stessa, messaggio di asservimento e sottomissione, che è quello che moltissimi, i più forti, vogliono.
Non so che gusto ci sia nell'avere tanta musica intorno, io sono ancora alla vecchia maniera: ascolto moltissima musica, ma deve sempre essere quella che voglio io.
Non accetto i messaggi subliminali dall'arte né da nessuno, odio chi si proclama difensore di un'arte libera e poi si vende al miglior offerente, perché non ha capito che non appena questi troverà qualcuno che gli darà più di quanto gli stia donando lui, il cantante sarà lasciato perdere come una cosa inerte e abbandonata.
L'arte deve essere respiro dell'anima, vento che depura, soffio rigeneratore, silenzio meditabondo, allegria sfrenata ma voluta dalla persona.
Viva l'arte vera, quella non elaborata da calcolatori, quella che il mercato se lo conquista a malapena, ma che lascia alla gente la speranza di essere se stessa.

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