mercoledì 20 maggio 2009

Intervista a Gian Pieretti

Carissimi lettori, eccovi un'altra intervista, questa volta ad un grande interprete della "canzone di protesta", alla Bob Dylan, degli anni Sessanta: Gian Pieretti, l'autore di "Pietre".
D: Qual era la musica che circolava nella sua famiglia quando lei era molto piccolo? Che cosa si ricorda?
R: Mi ricordo le bombe. Non c'era musica allora, non avevamo neanche la radio. Io sono nato in tempo di guerra (1940 n.d.r.).
D: Lei, come ha scoperto la musica?
R: Beh, la musica è vita! Io la musica l'ho scoperta verso i dodici-tredici anni, frequentando le prime festicciole, comprando i primi dischi, facendomi le idee sui cantanti che c'erano in quel momento.
D: Cosa ha scelto all'inizio?
R: I cantanti che mi piacevano, erano Perry Como, Little Richard, Clif Richards, Wilson Picket, Eddie Cocklan...
D: Però poi, agli inizi della sua carriera, fece dei pezzi beat.
R: In verità, io sono l'ultimo rappresentante del beat. Io sono l'ultimo beatnick esistito, uno che ha conosciuto Donovan, Bob Dylan, Crosby, Nash, Bruce Spristeen... e mi sono messo a fare la musica che loro portavano in giro. Sono stato il primo a fare questo genere di cose, cominciando come cantante di protesta.
D: Quindi: questa evoluzione che mi sconvolge abbastanza da cantante "beat" a cantante "folk", lei la trova completamente naturale.R: Attenzione: il "folk" era "beat". Questo termine significa "battere", e simboleggia solo l'entrata della batteria, che insieme alla chitarra ha ben presto caratterizzato il "folk". D: Il repertorio di quegli anni, lei l'ha scritto insieme ad un suo grande amico, l'ottimo cantante Ricky Gianco. Mi racconti come vi siete incontrati.
R: Ci siamo incontrati davanti ad un cinema, dopo le mie insistenti telefonate (gli telefonavo anche tre volte alla settimana). Io avevo scritto delle canzoni e volevo fargliele sentire, lui aveva già fatto delle incisioni. Da lì abbiamo iniziato una grande collaborazione.
D: Tra i brani di quell'epoca ce n'è uno che io amo pazzamente: "Il vento dell'est". Mi racconti la storia.
R: "Il vento dell'est" è stata composta nel 1966. Eravamo andati in Inghilterra ed avevamo conosciuto Donovan, e lui parlava spesso di questa scogliera scozzese dove c'era questo vento che arrivava da est, e questo "east wind" arrivava così spesso, che un bel giorno ho detto: "Faccio una canzone che si chiama vento dell'est!". Allora con Ricky ci siamo messi ed io ho scritto il testo mentre lui si è occupato della musica.
D: L'anno successivo, 1967, lei ha avuto un altro grande successo: "Pietre". Come le è nato il brano?
Intanto, dalla coscienza che tutto ciò che si faceva non andava bene. Molto tempo prima, avevamo ascoltato una canzone (o una poesia?) dell'Ottocento napoletano che diceva le stesse cose; poi abbiamo elaborato una buona musica, e così è nato il brano.
D: Quindi non siete partiti dal brano di Bob Dylan che tutti vi accusano d'avere copiato.
R: Assolutamente no! L'unica cosa che ricorda la canzone di Bob Dylan, è l'atmosfera, cioè la banda.
D: L'anno successivo, lei sforna un altra canzone stupenda: "Felicità felicità". R: Con questo brano ci ho fatto il "Cantagiro", ma ci dovevo andare a Sanremo. Lì, però, conobbi Lucio Battisti e ci diventai amico.
D: Mi racconti l'esperienza di quel "Cantagiro", anche a livello di atmosfera.
R: Il "Cantagiro" aveva un'atmosfera molto divertente: si andava, si cantava, la gente ci aspettava nelle strade e ci chiedeva gli autografi... purtroppo ci fu anche un po' di contestazione, quindi ci dovemmo difendere.
D: Tornando al brano "Felicità, felicità.": da che cosa le è nato?
R: Era sempre una questione di protesta: si partiva dal fatto che il vento, quando soffia, la prima cosa che si porta via è la felicità.
D: Certo che eravate così poetici, che solo molto difficilmente questo repertorio può essere nominato "canzone di protesta.
R: La protesta era un filone, che ognuno interpretava a modo suo.
D: Mi citi qualche cantante italiano suo contemporaneo che considera "di protesta".
R: Ce n'erano tantissimi, ma posso dirle Lusini (l'autore di "C'era un ragazzo" portata al successo da Gianni Morandi ed interpretata da Joan Baez n.d.r.), o Roby Crispiano, che fra l'altro incideva con me alla Vedette.
D: Venendo agli anni '70, c'è una tappa Fondamentale di cui bisogna parlare, l'lp "Il vestito rosa del mio amico Piero". (1972). Come le è nata l'idea di fare un album tematico proprio sull'omosessualità?
R: Il mio primo brano su questa tematica, inciso con il nome di Perry, risaliva al 1964 e si intitolava "Uno strano ragazzo". Nel '72, poi, ho rincontrato un mio vecchio amico, che aveva fatto le elementari con me, e parlando con lui, scoprendo le sue difficoltà mi venne l'ispirazione. Il disco ora è introvabile e costa 1500 euro.
D: Dopodiché, lei diventa più produttore che cantante. Come mai?
R: Semplicemente perché non mi facevano incidere ciò che volevo.
D: Mi racconti la sua esperienza di produttore discografico.
R: Ho semplicemente perso del tempo. Ho prodotto vari cantanti, tra cui Rebecca, oppure, sicuramente più noti, i Quelli (gruppo da cui nascerà la Pfm, in cui militò anche un giovanissimo Teo Teocoli n.d.r.).
D: Come mai nel 1989 decide di tornare a cantare e di fare un lp completamente nuovo? (Don Chisciotte, n.d.r.).
R: Andai in Canadà, per fare uno spettacolo per gli italiani, e ne conobbi un gruppo, originari di Spineta Marengo (Al), ai quali ho fatto sentire le canzoni che avevo scritto e le abbiamo provate. Il gruppo si chiamava "Canadians", ed in quella serata c'era anche John Denver. (noto cantante americano n.d.r.). Insomma, il disco è frutto di un clima caldo, ed è quasi improvvisato.
D: Un'altra esperienza su cui mi vorrei soffermare è "Caro Bob Dylan". Come è nata l'idea di quel disco dal vivo?
R: Questo disco è nato, semplicemente, perché io volevo raccontare la storia di Bob Dylan, attraverso tutti quei cantautori che hanno fatto dei testi ispirati al suo repertorio o delle cover delle sue canzoni. (Il cd contiene anche una versione della "Canzone del bambino nel vento" di Francesco Guccini n.d.r.).
D: Parlami del disco precedente, l'album del 1992 "Bang".
R: "Bang" è inciso sempre con quel trio di canadesi, che già non si chiamava più "Canadians". I suoi componenti vivevano stabilmente in Italia, ed il gruppo si chiamava Tryo.
D: Voglio concludere questa intervista con qualche curiosità sul brano "La prossima generazione", scritto e cantato con Donatello.
Innanzitutto: come hai conosciuto Donatello?
R: Donatello l'ho conosciuto daragazzino, quando è arrivato alla Ricordi. Il suo repertorio era costituito da brani di Donovan (idolo riconosciuto da Gian Pieretti n.d.r.). Tutti i suoi primi brani d'autore, ("Ti voglio", "Girasole", "Alice è cambiata", "Giovane amore mio"), glieli ho scritti io.
D: Come è nato il brano "La prossima generazione"?
R: Io avevo un brano, che già portava questo titolo, inciso con chitarra ed armonica, l'ho fatto sentire a Donatello che lo ha apprezzato ma ha riscontrato la mancanza di un inciso, che ha prontamente composto. Il brano finito lo abbiamo mandato a Sanremo per quattro anni di fila e non ce l'hanno mai preso.
Dedico questa intervista a chi pensa che per essere un grande artista bisogna tirarsela e darsi arie: Gian Pieretti è una delle persone più gentili che io abbia mai conosciuto. Come tutti i cantanti di quel periodo, è profondamente amareggiato perché in Italia ormai, come dice lui stesso, a livello musicale "non si può far nulla".

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