venerdì 10 aprile 2009

Storie inti-illimaniache"

Carissimi lettori, oggi per me è una data molto importante: in un giorno come questo, tredici anni fa, scoprivo quello che tutt'ora rimane il mio gruppo preferito per quanto riguarda la musica hispanoamericana, ossia gli Inti-Illimani.
Non starò qui a raccontarvi la loro storia, che è d'altronde ben raccontata in molti scritti e libri, metterò, per quanto me lo permetterà l'emozione fortissima che sto provando mentre scrivo, in fila una serie di "Storie Inti-Illimaniache", ossia gli eventi più importanti che hanno segnato le tappe di questa mia passione.
Diciamo subito che nella mia famiglia, essendo fortemente connotata politicamente verso sinistra, gli Inti-Illimani avevano già rappresentato una parte degli ascolti musicali, nel periodo in cui i brani politici erano una componente importante del loro repertorio. Non posso dire, però, di averli scoperti così, perché io, forse per segreta deformazione da musicista, se non mi si presenta anche tecnicamente ogni genere musicale che ascolto, sinceramente non me ne riesco ad innamorare. Per fortuna, con gli anni, gli Inti-Illimani hanno iniziato ad allargare il loro repertorio a tutto il continente americano (da intendere alla spagnola come tutta l'America latina), e credo che fu questo che rese possibile il nostro incontro.
Mi innamorai degli Inti-Illimani durante una loro esibizione alla trasmissione Roxibar, condotta da Red Ronnie, nella quale il gruppo cileno presentò un bolero cubano di sua composizione, intitolato "Medianoche". Non avevo ancora tredici anni, ma la mia conoscenza dello spagnolo era già buona, tanto da essere folgorata da quel poeticissimo e sofferto testo, oltre che dalla voce dell'interprete, José Seves, che io tutt'ora ritengo una delle più belle voci di tutto il continente. Non so spiegarvi cosa mi piacque di quel pezzo, so solo dire che aspettai l'uscita di quel cd, "Arriesgaré la piel", con una frenesia che credo di non aver mai avuto precedentemente.
Finalmente quel giorno, il 10 aprile 1996, arriva, e con lui la folgorazione. Ascolto quel cd e, dopo il primo ascolto, ho uno sbandamento profondissimo, che non mi permette neanche di parlare, per un tempo che mi sembra interminabile. I miei genitori, forse presi da nostalgia od emozionati per aver risentito in casa loro quel gruppo, anche se così cambiato, mettono sul piatto un vecchio vinile. Mi sembra di ricordare che io non lo apprezzai, perché, ancora, i tempi non erano maturi per ascoltare i primi Inti-Illimani, che poi, devo ammetterlo subito, sono sempre stati quelli che ho amato ed apprezzato di meno.
Comunque, da quel giorno, inizia un personalissimo percorso dentro la discografia degli Inti-Illimani, che mi porta ben presto a possedere tutto ciò che è reperibile in Italia, rigorosamente in cd originali.
Il primo concerto, invece, è all'interno della "Festa dell'unità" di Pian de Massiano, a Perugia, il 12 settembre 1998, in corrispondenza con il venticinquennale del golpe che aveva fatto cadere il governo democratico in Cile, obbligando gli Inti-Illimani, venuti in Italia come ambasciatori governativi, a restarvi per quindici anni come rifugiati politici.
Di quel concerto mi ricordo particolarmente l'incontro con Jorge, addetto del gruppo alle pubbliche relazioni, a cui consegnai una poesia in lingua spagnola da me composta, dove citavo e commentavo molti degli strumenti che il gruppo usava. Mi ricordo benissimo l'emozione dimostrata da Jorge, ma purtroppo musicalmente non mi riesco a ricordare niente.
Il primo concerto del quale ho un ricordo nitido, è quello al Cinemateatro Esperia di Bastia, che ebbe luogo nel marzo dell'anno successivo. Intanto mi ricordo, e non mi stancherò mai di ringraziare il gruppo e il loro entourage, di aver ricevuto, con molto anticipo sulla data d'uscita ufficiale in Italia, una copia dello strabiliante cd "Amar de nuevo", che forse anche per questo è tutt'ora tra i miei preferiti del gruppo. Il concerto, non me lo scorderò mai, si aprì con una straordinaria versione di "Tatati", brano strumentale tra i più belli del gruppo, e permise ai numerosi presenti di scoprire in anteprima i brani di quello che era il più recente disco del gruppo, il già citato "Amar de nuevo". Mi ricordo benissimo che, tra questi, mi colpì particolarmente "Esta eterna costumbre", romanticissimo bolero, dopo il quale io, tra gli applausi, mi misi a gridare dannatamente: "Bella! Bella!..." Un altro brano che mi emozionò particolarmente fu "La fiesta eres tú", ma credo che questo derivasse più dalla mia passione per i ritmi centroamericani a cui la canzone si ispira, che da un'effettiva emozione causatami dalle sue caratteristiche concrete e specifiche.
Dopo "Amar de nuevo", in Italia c'è una pausa per quanto riguarda la distribuzione degli album degli Inti, che viene interrotta nel 2002 con "Lugares comunes" che, secondo quanto dichiarato da Jorge a varie televisioni italiane, come filosofia è un omaggio al "Sono solo canzonette" di bennatiana memoria. Gli Inti-Illimani, in questo periodo, vengono spesso invitati in televisione, specialmente da Fabio Fazio, che se ne è sempre dimostrato grandissimo ammiratore. Contemporaneamente, purtroppo, a livello personale, inizia un processo di allontanamento, forse anche causato dal fatto che dei fondatori ce ne restino sempre di meno e che il direttore musicale sia cambiato, che non mi permette più di vivere il loro repertorio ed i loro concerti con quella partecipazione di cui ho parlato sopra. Ormai, a partire appunto da "Lugares comunes", continuo a riconoscere la bravura del gruppo, ma forse, siccome sento che si è allontanato troppo dalle proprie radici andine e cilene, in fondo non lo amo più.
Ciò non toglie che nel 2003 io sia corsa a comperare il libro con cd "Treinta años en vivo, viva Itália", attestato di gratitudine al paese che aveva permesso al gruppo di lavorare in libertà e di avere un futuro come gruppo professionista. Devo dire, però, di aver apprezzato molto di più il libro, che fu anche oggetto di una settimana a "Storyville" su Radio tre, piuttosto che il cd, incisione di un concerto ai Fori imperiali di Roma, dove ho sempre sentito da parte dell'appena entrato direttore Manuel Meriño, una grandissima presunzione che lo portava a voler distruggere trentacinque anni di storia gloriosa.
Quello che per ora resta il mio ultimo contatto con il gruppo, si è avuto tre anni fa, in occasione dell'uscita di "Pequeño mundo", distribuito anche questo, come i precedenti due cd, dalla "Storie di note". Questo è l'album che ho amato di meno di tutta la discografia del gruppo, ma forse, come ho detto poco sopra, non lo capisco più. Sono, comunque, andata alla presentazione avutasi alla mia facoltà, Lettere e filosofia dell'Università di Perugia, anche se quell'atto l'ho trovato molto ipocrita e pietoso. Nonostante tutto, devo ammettere di essermi emozionata, e di avere ritrovato in me un amore che credevo sopito.
Se dovessi consigliare a qualcuno cosa ascoltare degli Inti, direi semplicemente di guardarsi dentro e scegliere in questo modo. Non mi sento infatti abilitata a dare consigli categorici, quindi chi vuole si getti alla ventura.

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