domenica 8 marzo 2009

riflessioni sullaparte iniziale del concertone della Notte della taranta 2008

Voglio iniziare con il chiarire che questo scritto dovrebbe intitolarsi "Riflessioni sulla parte che ho potuto vedere della parte iniziale del concertone della notte della taranta". Infatti nessuno dei tre canali che lo mandava in diretta lo ha emesso rispettando i minimi standard di sopportabilità: direi di più, nessun canale ha saputo dimostrare di aver capito l'importanza che questo evento ha per la promozione della (pensate un po'...) musica salentina! Tutti infatti (Telerama, Puglia channel, salentoweb.tv), per un motivo o per un altro, sono fuggiti da qualche regola che bisognerebbe seguire per poter chiamare diretta una diretta.Innanzitutto (questo va al di là di ciò che vedrete più avanti ed è la cosa più indecente), il concertone, da parte delle tv terrestri e satellitari, è stato trasmesso a partire dalle 20.00, mentre tutti noi eravamo informati dell'inizio delle trasmissioni alle 21.00. Non parlerò qui di Salentoweb.tv, perché è una televisione appena nata e si capisce che possa avere dei problemi (anche se questi mi hanno costretto a vedere il concertone con un sacco di problemi negli altri canali suddetti).Non so che cosa mi sono persa esattamente, ma, andando già nel campo a me più proprio, dirò che ho sentito parte della "pizzica paccia" (secondo la nomenclatura degli Zoè nel cd "Crita"), interpretata (credo) da Giovanni Avantaggiato. Dopo di lui è salito sul palco Uccio Aloisi, che ha eseguito vari pezzi, dei quali ci siamo potuti godere in relativa pace, ossia disturbati solo da un leggero brusio di un pubblico comunque irrispettoso ed incivile, solamente "Quannu te llai la faccia la matina", "La barca di Roma", "La fontanella", "Vorrei volare" (insopportabile serie di stornelli in italiano di una lentezza da far venire sonno). Va da sé che la bellissima (lo suppongo dalle poche note che me ne arrivavano in sottofondo ad insulse interviste) pizzica in fa maggiore dove Antonio Calzolaro mandolinista dell'Uccio Aloisi gruppu si metteva in mostra e gli stupendi stornelli alla moda de lu Ucciu, non ce li abbiano fatti godere in nome della voglia paradossale che hanno i presentatori, e penso anche molti ascoltatori, di vedere facce che vedono tutti i giorni, solo perché carpite nel Backstage del concertone.Dopo Uccio Aloisi, sono arrivati gli insuperabili Zoè (complimenti, sempre complimenti!). Hanno iniziato con una scoppiettante "Don pizzica" (ma com'è che più fate cose grosse e più vi caricate?). Questa sarebbe la domanda che farei a Cinzia e compagni, se li incontrassi a breve (credo che non succederà, mannaja lu munnu!). Anche questa goduria (per usare un termine pronunciato da Benigni nella sua presentazione e lettura di "Pierino e il lupo"), è stata interrotta da varie interviste (fra cui una a Nando Popu dei S.S.S., leggasi Sud Sound System), le quali ci hanno inficiato anche l'ascolto del secondo brano, un'altrettanto scoppiettante versione di "Ijentu". Vi posso giurare che in tre anni che seguo l'Officina, non li ho mai visti così carichi, contenti e decisi a giocare con le voci e con gli strumenti (durante "Don pizzica" Giorgio Doveri, il "toscanaccio", violinista e mandolinista, sembrava davvero posseduto: quel re centrale (secondo le posizioni della tastiera del pianoforte) non lo lasciava mai, facendo sembrare che il violino fosse un terzo tamburello). Il godimento pieno è iniziato quando l'Officina, ligia alla sua filosofia di non fare concessioni a chi vuole solo pizzica, ha interpretato, in una versione che al primo ascolto sinceramente non mi ha convinto, anche se ha creato una grande atmosfera, "Mamma la luna" brano "minore" di "Sangue vivo". Questo pezzo, se lo divido nelle sue singole parti, mi convince profondamente, in quanto, il mandolinista, era riuscito a ricreare con una mandola italiana, ciò che il grande Inchingolo faceva con l'oud arabo. Paradossalmente, però, forse, ciò che non mi convince sono quelle stesse scale di mandola, troppo blues per essere immesse in un brano dalla struttura assolutamente salentina. Di seguito l'Officina ha eseguito "Sale", in una versione da brivido, come sempre ultimamente, anche se stringata. Fortunatamente, però, il taglio non ha riguardato l'ultima parte ("Menai le razze e lu cielu tuccai..."), che secondo me è la più filosofica, forte e profonda del brano, perché ci ricorda l'esistenza di un atteggiamento che non amiamo più (uno dei tanti da dover includere in un'ipotetica lista): quello dell'umile. L'Officina poi ha fatto un regalo a tutta la gente lì presente e a noi che li seguivamo (siete sicuri di non aver regalato una perla a qualche ignorante di troppo?), eseguendo la "Pizzica de santu Sebastianu", brano che farà parte del prossimo cd di Zoè, che, secondo affermazioni di Lamberto Probo, dovrebbe uscire ad aprile 2009. Per quanto riguarda il brano è una tipica pizzica in minore (re minore) alla Donatello Pisanello, tipo "Don Pizzica" di cui in parte riprende il giro arricchendolo di un interessante passaggio in fa. Il suo testo dovrebbe essere tradizionale, perché è troppo semplice per venire fuori in quest'epoca di cose mastodontiche partorite a sproposito, nonché per l'assenza di metafore o doppie letture, così tipiche di certi testi di Cinzia Marzo ("Menevò", "Ijentu"). Le affermazioni che ho fatto per quanto riguarda il testo, sono desunte da quel pochino che ne ho capito (Cinzia marzo, persona di solito così simpatica, ha molta poca pietà di noi poveracci non salentini, e canta interpretando molto bene ma mangiandosi tutto quello che si può mangiare!).Dopo l'Officinata (termine di conio personale per indicare l'ascolto breve o lungo di Zoè) è stato proiettato il documentario, purtroppo solo un cortometraggio, girato dal grande Edoardo Winspeare, in ricordo di Pino Zimba. Anche questo è stato inficiato dalle mostruosità del backstage. Per quello che se ne è potuto intuire era un assemblaggio di spezzoni di "pizzicata" e "Sangue vivo", "condito" da interviste a persone che, in vari ruoli, sono state vicine a Zimba. C'è stata ad esempio un'intervista di Raffaella Aprile che, come si vede, non era forse mai entrata nella vera filosofia della pizzica come cura, quindi come qualcosa di lungo. Mi dispiace dover interrompere qui queste riflessioni, ma nelle condizioni in cui l'ho vista, questo era veramente il massimo che si potesse dire della parte iniziale del concertone di Melpignano 2008.

Nessun commento:

Posta un commento