domenica 8 marzo 2009

folk contemporaneo? Scrivetevelo voi

Torno a scrivere dopo poco tempo ma, mentre l'ultimo scritto è stato pieno di felicità (strano!), questo è pieno di rabbia (come sempre quando affronto certi temi).
La musica popolare (ho usato folk nel titolo per dei motivi che si scopriranno tra un po'), è del popolo e si chiama così perché è del popolo.Devo dire, però, che questo popolo, dovrebbe essere cosciente che maneggia un bene storico e culturale, mostrando di avere questa coscienza quando la ripropone e non solo nelle chiacchiere che intessono i convegni ed i libretti dei cd. Negli ultimi due giorni mi sono continuata a divertire (oddio, a traumatizzare vita natural durante!) facendomi una capatina ogni tanto su myspace. Ho trovato almeno tre progetti di cui poter parlare male, non solo e non tanto perché modernizzano stupidamente la musica popolare (anche perché la stupidità o la giustezza di una rimodernizzazione dipendono molto dalla soggettività di ogni singolo ascoltatore), ma perché per portare avanti queste idee che non condivido si utilizzano materiali tradizionali o scritti da autori che stimo (e in qualche caso ritengo insuperabili).In ben due di questi (uno non ha un nome preciso e l'altro si chiama "Quando l'uomo folk incontra l'uomo blues"), c'è a capeggiarli il cantante, chitarrista e "ladruncolo" calabrese Massimo Ferrante.Costui è conosciuto dagli amanti di un altro musicista che.... insomma... il sassofonista, jazzista e appassionato di musica etnica Daniele Sepe che gli ha fatto reinterpretare qualche brano dell'insuperabile Otello Profazio, di quelli scritti con Ignazio Buttitta (grandissimo poeta vernacolo siciliano). Da questa esperienza Ferrante ha preso "spago" (da intendere alla perugina, come forza o coraggio) per fare un album di folk (intitolato Lu ciucciu, da cui ha chiamato il suo gruppo folk Lu gruppu), che contiene alcune non malvage ma comunque piacevolmente evitabili, riletture dei brani del grande calabrese. Dopodiché, dato che lui proviene da esperienze rock, blues, gospel, e chi più ne ha... e ora tutto quello che viene dal popolo si può unire, ha anche simpaticamente unito il nostro folk con il blues americano (perché anche Alan Lomax notava delle somiglianze quindi lo si può davvero fare! Si noti che l'aggancio culturale l'ho reperito io!). Va detto che credo che Alan Lomax parlasse dello spirito del blues, cioè di quella sofferenza che c'è non appena uno immerge della musica in un contesto di sofferenze vere, come sono quelle delle antiche campagne in qualsiasi parte del mondo. Non ho mai creduto, però, a questo omologante e terribile concetto di "world music", perché ogni singola tradizione popolare ha le proprie tecniche, i propri giri, il proprio gergo interno... Sinceramente la tarantella calabrese "Maria 'mparate a cucinà" con le svisatine alla country, o alla bluesman americano, fa... pena! Mi piacerebbe un sacco vedere le facce di chi fa questo esperimento con il blues, o anche con altre cose che vedremo adesso, mentre sentono un blues americano, cantato per bene ma... cu nu tambureddu ca sona sutta! (per i non salentinofoni e i pigri: con un tamburello che suona sotto!)Direi che a Massimo Ferrante gliene ho già dette un bel pochino, quindi vorrei dedicarmi ad un gruppo meraviglioso proveniente dal Salento, che soprattutto fa una cosa mai fatta: sputtanare il folk salentino mettendoci degli strumenti bellissimi e utilissimi come la batteria, il flauto traverso (che suona modello rock progressivo anni 70, cosa che lo accomuna ad uno dei brani di Ferrante presenti su myspace, ossia la sua orripilante, sperimentale ed irrispettosa versione di "Colapesce" di Profazio, dove addirittura c'è una chitarra elettrica che suona come su certi pezzi anni Sessanta come "Apache"). Il gruppo a cui mi riferirò adesso si chiama "Triace".E' costituito da tre ragazze giovani, una è Alessia Tondo, scoperta da Sparagna e portata sul bellissimo palco del concertone di Melpignano come voce della portentosa Orchestra "popolare?" della notte della Taranta, un'altra è Carla Petrachi (che spero che non sia nipote dell'insuperabile "simpatichina" Niceta!), l'altra... nu voju dicu (non voglio dire chi è, non lo so e non lo voglio sapere!).Queste tre ragazze, siccome hanno imparato il folklore direttamente dagli avi, se ne sentono depositarie, quindi, coadiuvate da grandissimi musicisti come il batterista e tamburellista a tempo perso Vito de Lorenzi, hanno creato un progetto in cui "La musica popolare incontra le sonorità contemporanee" (quindi muore!), ma come sempre è solo lei a contaminarsi, la modernità la vince su tutto.Torno a ripetere ciò che gridavano, forse ipocritamente, gli Aramirè: c'è un altro modo più difficile, quindi più sensato, di rendere il folk contemporaneo, raccontare nei testi ciò che noi sentiamo dentro. A quel punto i signori "Triace", Massimo Ferrante, Canzoniere grecanico salentino nuovo stampo, banda adriatica, ecc, potrebbero fare tutto ciò che vorrebbero perché se la suonerebbero e se la canterebbero (se si volessero ispirare ai moduli popolari nulla in contrario). Voglio chiudere dicendo che, seguendo questa logica, sono infinitamente più contemporanei, all'interno della musica popolare, gli "Zoè" di Sangue vivo e de Il miracolo, oppure gli Aramirè di Mazzate pesanti (anche se per loro bisogna usare il "miggianesco" "nc'era na fiata!").
Ps.Se c'è qualcuno a cui volete male, fategli sentire la versione di "Pinguli pinguli" delle "Triace", che sicuramente sortirà l'effetto desiderato: il malcapitato si scorderà di voi vita natural durante!

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