domenica 8 marzo 2009

cu li trapassa l'anima e lu core

Cosa è più facile fare: prendere il passato ed immedesimarlo nel presente o, dall'interno del presente immedesimarsi nel passato?Secondo me è molto più facile fare la prima cosa, vedasi i Nidi d'arac o i Mascarimirì, basta ovviamente fregarsene dell'essenza del passato sputtanandolo in nome di questo glorioso presente. Per quanto riguarda la pizzica in concreto, basta metterci un bel sint, una stupenda batteria, una meravigliosa chitarra elettrica (distorta ovviamente!), mentre il cantante, stonato perché deve fare comu li vecchi, urla o piange "Camina ciucciu camina..."Il regista Marcello Fersini, invece, ha coraggiosamente fatto il contrario, facendo raccontare a personaggi della riproposta salentina (Zoè e dintorni) il passato, e tutti si sono prestati in maniera meravigliosa (Miggiano fa una pizzica tarantata con il violino, bellissima, io non ci posso nemmeno credere che sia lui!).I protagonisti di questo documentario sono gli anziani, che più di ogni cosa appaiono e vi respirano dentro, spesso tradotti dalle magiche voci e dalla semplicità dei fondatori degli Zoè (Cinzia Marzo, Lamberto Probo, Donatello Pisanello e lo scomparso "Zimba"). Un piccolo siparietto a parte ha giustamente riguardato poi l'area grecanica, che comunque vive durante tutto il dvd, tramite una delle sue più autorevoli voci e penne, il ricercatore, musicista ed editore Luigi Chiriatti, di cui purtroppo non è stata messa una testimonianza artistica attuale. E' un dvd difficile da raccontare, è più da ascoltare che da vedere (le immagini spesso non hanno attinenza con i contenuti audio), ma si deve consigliare tanto a chi fa di tutta l'erba un fascio per quanto riguarda la riproposta, così forse cambia atteggiamento, quanto a chi vuole capire il passato della musica popolare salentina senza leggere saggi spesso pesanti.Ho lasciato per la fine la presenza del grande "mesciu" Biagio Panico, il quale ci fa vedere alcune fasi della costruzione di un "tambureddu", ricordandoci, anche tramite questa azione apparentemente semplice, che senza la coscienza del dolore questa musica non la si può veramente amare.
Lasciatemi ora fare una piccola chiosa "officiniana": voi che amate gli Officina Zoè, non pensate che solo perché non si eseguono brani nuovi questo dvd sia da perdere, innanzitutto perché vi sono delle interviste, cortissime in verità ma comunque ve ne sono; va detto poi che Cinzia dimostra una vena da "stornellatrice" tradizionale e una bravura insospettata, per lo meno da me, nel suonare il tamburello. Vi dico solo che a Roma, in una nostra conversazione che io avrei voluto non finisse mai, la "signora", per rispondere alla mia domanda su quanti strumenti suonasse, mi ha detto, con la sua inconfondibile cantilena leucana: "Io suono un po' di flautino... quello che senti, insomma... un po' di armonica a bocca, anche se trovo sempre chi la suona meglio di me, un po' di tamburrello...". Ho messo i puntini per tentare di far capire il meraviglioso allungare di vocali tipico dei leucani, ma non si può riprodurre. Quello che conta qui, però, è che in una pizzica a "Botta" (voce e tamburo) su una melodia simile al brano "Macaria", con strofe ispirate a Santu Paulu, Cinzia fa dei contrappunti alla sua terzina che... beh! se questo è suonare un "po' di tamburrello", allora ditemi cosa è suonarlo "tutto" rimanendo però tradizionale.
Questo dvd è da consigliare ad una certa persona che non voglio nominare dicendogli: "Signor teorico, guarda un pochino chi è che, dicendo quello che dici tu, sa anche suonare e cantare, senza per forza incazzarsi e andare contro tutti! (La persona che non volevo nominare si chiama Roberto Raheli, è stato per undici anni leader e anima degli Aramirè, l'unico gruppo che, non avendovi mai partecipato, è stato sciolto dall'attrito della "Notte della taranta"!)
N.b. La parola "tamburrello" non è una svista ortografica, è la maniera in cui Cinzia Marzo chiama il tamburello.Credo oltretutto che con la presenza di due doppie consonanti, la parola acquisti una specie di "rullata" che la rende onomatopeica e magica.

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