domenica 8 marzo 2009

canzoniere della vergogna grecanico salentina

I nomi spesso oggi non sono che delle futili combinazioni di lettere o peggio ancora di fonemi disarticolati. Per me, uomo di neandertal, sono ancora corpi di parole pieni di una simbologia, oserei dire anche di una storia. E' giusto che le cose evolvano, ma se l'evoluzione non si attiene a niente di ciò che fu, neanche il nome dovrebbe restare. Mi è capitato, per la mia curiosità e per il mio infinito amore per il Salento, di sentire i brani che girano su myspace del nuovo corso dello storico Canzoniere grecanico salentino, che io proporrei, per evitare confusioni con il gruppo a cui si devono dischi pregevoli come "Pizzica-pizzica" e "Canti e pizzichi d'amore", nonché il primo lp assoluto di "riproposta" (fedele dato che non c'era stata ancora la "Rivoluzione Zoè") intitolato "Canti di Terra d'Otranto e della Grecìa Salentina, di chiamare "Canzoniere della vergogna grecanico salentina". Innanzitutto il suo direttore, quel Mauro Durante che nei cd citati ci deliziava con le sue terzine alla Antonio Castrignanò e con i suoi "sporchissimi" giri di violino, ha voluto disinteressarsi alla sonorità tipica salentina, aggiungendo lo strumento che più di tutti mina e impoverisce le strutture ritmiche dei brani, con il suo suono assordante ed inutile: la batteria. Io, che come ho già reso pubblico sono un'emanazione attuale dell'uomo di Neandertal, ritengo perfino che le diversità musicali siano da proteggere. Credo anche di poter dire che nel caso della pizzica ho una ragione del tutto particolare, dato il pullulare di corsi di tamburello, strumento che simboleggia un sentimento di cui noi oggi ci vogliamo privare: il dolore. Un'altra riflessione amara va poi fatta sul conto di quella grande Maria Mazzotta, foce alta e spesso principale in tutti i maggiori lavori del Canzoniere grecanico salentino. Con la nuova compagine (composta da batteria, percussioni etniche, contrabbasso, chitarra, fisarmonica, violino, violoncello e tromba) dà il peggio di sé, cantando come una rockettara, dimenticando i suoi melismi, prevedibili quanto vuoi, ma comunque inconfondibilmente personali. La pizzica si sente ormai come un qualcosa di universale, grazie alla parte leggera del concertone di Melpignano, ma se di un genere non si rispettano le sonorità cardine, lo si finisce per uccidere. Dubito che la grandissima maggioranza di quelli che riempiono incoscientemente la piazza di Melpignano alla fine d'agosto (quest'anno il 23), se sentono una pizzica del Canzoniere grecanico salentino o dei primi Alla Bua, la potrebbero mai riconoscere come tale. Mi sono anche stancata di leggere sempre in ogni storia del tarantismo che esso, essendo uno stato alterato di coscienza, è così piattamente paragonabile alle indecenti serate in discoteca. Innanzitutto nella taranta e nel tarantismo, venivano riversati tutti gli ingredienti del mondo "normale" e quotidiano che circondava gli "affetti" durante tutto l'anno, ed anche questo simbolo serviva per lottare nonché per auspicare un miglioramento di questo stesso mondo "normale". Per capire questo basterebbe vedere uno dei pochi film recenti che parla sul serio di tarantismo, senza stare a metterci di mezzo tarante ed eventi, quel "Pizzicata" di Edoardo Winspeare che, a distanza di dieci anni, resta il suo miglior lavoro. Lì la protagonista Cosima, già promessa in sposa ad un giovane del posto scelto secondo gli standard economici della sua famiglia, decide di ribellarsi e si innamora di Tony, il soldato italo-americano salvatosi da un aereo caduto nel Salento durante la Seconda guerra mondiale. Vedendo che suo padre si oppone a questo amore romantico e segreto, con molta voglia di emergere e diventare pubblico, la ragazza diventa tarantata. Attraverso questa scelta esprime il suo ultimo tentativo di cambiare il mondo che la circonda. Posso assicurarvi che a livello di repressioni non stiamo certo meglio di quanto non stessero le plebi salentine degli anni Cinquanta, ed è per questo che c'è molta gente che, magari senza accorgersene, è stata impigliata nel profondissimo dolore che sprigiona questa musica. Se ritenete che esso non abbia senso, smettete di suonarla e lasciatela morire con gli ultimi anziani e con coloro che ne rispettano la sonorità.Tornando al Canzoniere della Vergogna grecanico salentina, il consiglio che darei loro, sarebbe semplicemente quello di non fare testi tradizionali, di mettersi giù con infinita umiltà e comporre i propri testi e musiche. A quel punto, se, dato che si proviene da un gruppo che faceva vera pizzica si vuole continuare ad innovare quegli stilemi ritmici, io non avrei più niente in contrario. Da questo punto di vista (e solo da questo) apprezzo molto l'umiltà degli Aioresis (che tra l'altro quando continuano a fare musiche tradizionali si chiamano Artetika), che poiché hanno cambiato profondamente il modo di suonare e di armonizzare, preferiscono non toccare quasi più i brani tradizionali perché ne riconoscono la sacralità. E' vero che c'è una maniera molto più facile per sfuggire al problema e soprattutto pulirsi la coscienza, la quale è stata ovviamente già adottata dai sucitati Durante e Mazzotta, quella di inserirsi in progetti paralleli estremamente interessanti e fidedigni (vedasi lo spettacolo "Memorie della terra" che il 30 agosto sbarcherà perfino a Perugia!).

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